Ieri una frase della presidente della Bce ha mandato a picco i mercati, ma l'impressione è che non sia stata una gaffe
Sicuri che sia stata una gaffe? Ieri, un’improvvida frase di Christine Lagarde, nuovo presidente della Bce, ha fatto crollare le borse. Milano è quella che ha pagato il prezzo più pesante. Calo attorno al 17 per cento. Non siamo qui per frenare lo spread sono state le parole incriminate. L’impressione è che non sia stata detta per caso, ma per segnare il cambio di passo rispetto alla gestione di Mario Draghi che con la sua politica aveva sempre sfidato i mercati. Filosofia alla quale si era sempre opposta la Germania, senza però piegare la volontà di Draghi. E i tedeschi ora sono i veri sponsor di Christine Lagarde.
È vero che la presidente della Bce è francese, ma sono stati i tedeschi a dare il via libera al suo incarico che va inquadrato in un patto franco/tedesco che prevede una tedesca gradita alla Francia alla guida dell’Unione Europea e una francese gradita a Berlino ai vertici della Bce. Però ieri si è capito che Francoforte ora ha i bottoni di comando della Banca Centrale Europea. Non a caso Macron, presidente francese, era su tutte le furie e non le ha mandate a dire alla sua connazionale.
Ed ora? La speranza è che oggi l’Unione Europea ci metta una pezza. E dovrebbe essere così. La strada dovrebbe essere quella di permettere sforamenti al patto di stabilità. Va bene, però c’è un ma. In questa fase è giusto allentare i cordoni della borsa, ma farlo significa che i singoli Stati debbano rivolgersi ai mercati. E se la Bce non tiene sotto controllo (spread) le ripercussioni economiche per paesi come l’Italia rischiano di essere pesantissime. Bene quindi ha fatto il nostro presidente della Repubblica ad intervenire con fermezza e non usando mezzi termini.
Una scelta, quella della presidente della Bce, che è di per sé censurabile, a prescindere, ma che non è, in nessun modo, giustificabile in un momento di estrema emergenza come quello attuale. Non può Francoforte cercare di mettere un chip sull’Europa nel momento in cui la salute pubblica è l’emergenza principale.
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