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Il portafoglio prima del cuore

Sunset aerial panorama of Cesena in Emilia Romagna Italy near Forli and Rimini, with the medieval Malatestiana castle, Piazza del Popolo and Roman Catholic churches and cathedral on a winter afternoon

Oggi Repubblica ci va giù pesante sull’Europa. Significativo il il titolo ad un fondo di Massimo Giannini: Il portafoglio prima del cuore. Secondo l’editorialista non bastano i bollettini di guerra che contano già mezzo milione di contagiati e oltre trentamila morti a convincere i ventisette a trasformare finalmente l’Unione europea in un organismo vivente di Stati federati, e non in un consesso dolente di anime perse.

La vicenda dei corona bond testimonia che siamo di fronte a un tracollo di credibilità dell’Eurozona e dei suoi processi decisionali: i nove Stati che avevano ufficialmente chiesto uno strumento di debito comune rappresentano la maggioranza sia in termini di Pil (il 56% dell’Eurozona, meno di 7mila miliardi sui quasi 12mila) sia in termini demografici (il 62% della popolazione, 212 milioni su 341). Eppure i corona bond non solo non saranno concessi, ma non erano nemmeno meritevoli di menzione nella dichiarazione conclusiva del vertice Ue, secondo le bozze in circolazione. Tutto a causa del veto della Germania e dei falchi del nord, a partire da Austria e Olanda.

Ed ora? Boh. Forse qualcosa verrà messo in campo. Anche perché la presidente dell’Ue è una tedesca che ragiona in modo diametralmente opposto alla Merkel. Sempreché non giochino a fare la poliziotta buona e quella cattiva.

Comunque l’impressione è che l’Italia per difendere le proprie aziende dovrà fare un massiccio ricorso alla Cassa Depositi e Prestiti. Una sorta di nazionalizzazione che farà molto piacere ai 5Stelle che hanno sempre puntato a questo obiettivo. Insomma, la strada, tanto per capirci, sarà quella usata per la Trevi: la Cassa interverrà per evitare il crac riconsegnando l’azienda al mercato quando ci saranno le condizioni.


Nello stesso tempo lo Stato dovrà mettere mano al portafoglio. Si calcola che serviranno fra i 150 e i 200 miliardi. Cifra enorme, ma che potrebbe essere abbordabile. L’importante è che la Bce confermi il suo impegno a voler intervenire sul mercato per acquistare i titoli sovrani in difficoltà. In questo modo lo spread resterà basso e anche un debito al 150% del pil potrebbe essere affrontabile. Altrimenti la spesa per interessi ci inginocchierebbe.

Il problema sarà il Pil. Secondo Prometeia in Italia, nel 2020, calerà del 6,5%, cifra che sarà recuperata in quattro anni: troppo. Il problema del Belpaese è che la struttura economica sembra fatta apposta per mostrare le sue vulnerabilità in queste circostanze: moltissime piccole e medie imprese sottocapitalizzate. Solo un forte intervento pubblico (anche garantendo i prestiti) quindi potrà dare ossigeno ad un’economia che ha uno straordinario bisogno di liquidità per non finire sulle ginocchia affossando il paese. Poi serviranno politici abili e lungimiranti.

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