Nessuno può farcela da solo. Non c'è un bottone on/off premendo il quale tutto ciò che abbiamo spento si riaccenderà
Fa riflettere un articolo di Antonio Scurati, scrittore e accademico, apparso sul Corriere della Sera. Il senso è molto chiaro: sgomitavamo per il successo, ora siamo in fila per il pane. Scrive che l’attuale generazione ha fatto parte del pezzetto di umanità più agiato, protetto, longevo, meglio nutrito che abbia mai calcato la faccia della terra. E prosegue: era sempre sabato sera e frenesia lavoro, estasi outlet, sublime da centro benessere… Hanno vissuto bene più di chiunque altro… Più cani che figli. Poi la sentenza: la generazione più fortunata della storia umana le tocca vivere la fine del suo mondo.
Inoltre invita a fare attenzione agli spacciatori di illusioni perché non ci sarà un interruttore on/off premendo il quale tutto ciò che abbiamo spento si riaccenderà. Perché dobbiamo essere consapevoli che la gran parte di noi perderà qualcosa in termini di reddito, lavoro, risparmi, impresa.
L’obiettivo quindi deve essere quello di cercare di mitigare i danni. Mitigare e aiutare. Non risolvere e cancellare. Per farlo però servirà remare tutti nella stessa direzione. Se partissero le lotte “per bande” sarebbe l’inizio della fine. Perché non ci sono categorie che devono essere tutelate, ma va salvato un sistema. E per cercare di riuscirci serve avere una visione d’insieme. In poche parole: concertazione/confronto.
La storia insegna che i risultati più importanti sono stati ottenuti quando le scelte sono passate da un confronto preventivo con le parti sociali. Il che non significa che si debba accettare un progetto precostituito, ma definirlo mediando fra le varie posizioni. Il riferimento è il patto sociale che fece Ciampi a cavallo fra il 1992/93. Quello che ci permise di scavallare uno dei momenti più difficili della storia economica del nostro paese.
Comportamento che, in questa fase, dovrebbe essere preso ad esempio a tutti i livelli: nazionale e locale. In ambito territoriale potrebbe anche essere più facile in quanto non siamo all’anno zero. La concertazione fa parte del nostro Dna. È proprio attraverso il confronto che abbiamo ottenuto i risultati più importanti. L’Ausl unica, la lotta all’aviaria, la secante, l’università, il casello del Rubicone sono solo alcuni esempi di quello che si è potuto ottenere quando le varie componenti del territorio hanno fatto fronte comune in una sorta di cabina di regia che è l’elemento imprescindibile in simili situazioni. Ed è quella la strada che si dovrebbe battere in questo frangente.
Il primo passo dovrebbero farlo i sindaci. Sono loro che, così come fecero i loro predecessori, a convocare una sorta di comitato permanente di crisi che vada oltre i singoli confini comunali e abbia una visione quanto meno comprensoriale. Perché sia chiaro: nessuno può pensare di farcela da solo.
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