Serviranno concretezza e preparazione, non populismo
Per qualche settimana ci siamo illusi che il Covid-19 avesse almeno un effetto positivo sulla politica: meno chiacchiere a vuoto; meno aggressività; minor ricerca della visibilità continua; maggior attenzione agli scenari futuri e non solo alla tempistica di post e tweet. Il più colpito da questo effetto è stato Salvini, ridottosi a pregare in diretta con Barbara D’Urso, pur di fare riaccendere qualche telecamera, ma anche gli altri leader hanno dovuto vivere una situazione simile.
In sintesi, ci siamo illusi che si stessero riscrivendo le gerarchie del dibattito nazionale, centrandolo sulle urgenze e sulle necessità, annullando gli effetti del popolismo che impresa da fin troppi anni.
Ma, forse (purtroppo) ci eravamo illusi.
Mentre un Paese messo a dura prova dai lutti, dalle incertezze, dai sacrifici, dalle paure dei più, rischia di vivere l’incubo della peggiore crisi economica e finanziaria dal primo e secondo dopoguerra, dall’ arsenale del Movimento 5 Stelle è riemersa l’arma di distrazione di massa più potente (e vecchia, strausata, sentita e risentita): quella di tagliare lo stipendio dei parlamentari. Proposta, peraltro, dimenticata dal M5S nel cassetto, dopo aver promesso in campagna elettorale che sarebbe stato il primo atto di governo della nuova legislatura. Di governi ne sono nel frattempo transitati un paio e c’è voluto il Covid-19 perché l’ unico partito che ha fatto parte di entrambi, si ricordasse della promessa.
L’idea, già discutibile in sé, dato che si fonda sul principio che rappresentare il popolo in Parlamento sia un’attività da disprezzare e, comunque da riservare solo a ”chi può” , oggi appare in tutta la sua inconsistenza, diventando una sorta di grido che “Il re è nudo”.
E non solo per l’evidente sproporzione tra gli effetti dell’eventuale taglio e le risorse che ne deriverebbero (perché tutti sappiamo che ci serviranno, per ripartire, decine e decine di miliardi di euro subito e miliardi di euro, sul lungo termine), ma perché trasmette il devastante messaggio di inadeguatezza di chi, in questo momento drammatico è, come sempre, a cacca di comodi nemici- E si tratta sempre degli stessi: quelli della “casta”, anche se oggi gli stessi grillini ne fanno parte, visto che girano in auto blu, non devolvono più parti del loro stipendio, sono circondati da staff giganteschi.
Esattamente come la casta che erano nati per combattere, ovviamente.
Abbiamo trascorso mesi e anni dietro agli scontrini da rendicontare e a quelli spariti, ai bonifici regolari e a quelli tarocchi: in sintesi, centinaia di parlamentari della Repubblica italiana hanno inteso come missione prioritaria quella di restituire parte del loro stipendio o intascarsela di straforo, ma incidendo per un livello zero sul futuro degli italiani.
E oggi servirebbe invece capire come ricostruire il Paese senza strozzarlo di debiti; impiegare ogni energia per capire come finanziare un welfare straordinario e un meccanismo di crediti alle imprese garantito da uno Stato vivo e non in bancarotta; ragionare su come riaprire una nazione al lavoro, ai commerci e in definitiva alla vita, sapendo che si dovrà convivere con nuovi limiti e in un mondo le cui regole vanno riscritte.
E dovrebbero essere i rappresentanti del popolo, quelli eletti da noi, a pensarci ed a farlo e invece, mentre in Europa torna la peste della dittatura, con un Parlamento come quello ungherese che si consegna al suo leader maximo, i parlamentari del partito tuttora di maggioranza relativa (riemersi dal lungo torpore seguito alle sconfitte elettorali e ai rovesci di consenso), tornano ad interrogarsi sul modo di picconare quel che resta del ruolo e dell’autorevolezza delle nostre Camere.
Ma mi facci il piacere, avrebbe detto Totò!
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