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Ci restavano ancora sette ebree…

Gli eccidi del settembre 1944

Con questo nuovo contributo prosegue la narrazione di alcuni degli avvenimenti che segnarono il passaggio del fronte durante il Secondo conflitto mondiale. Lo si fa in previsione del 25 aprile, lo si fa per non dimenticare. 
Suscita sempre una forte emozione leggere la testimonianza delle tre religiose dell’ordine delle “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante” che durante il conflitto svolgevano il loro servizio presso il Carcere Mandamentale di Forlì. Erano Suor Pierina Silvetti, Suor Valeriana Collini e Suor Elvira Ghirardi e scrissero la loro testimonianza diversi anni dopo, per ordine della Superiora Generale Suor Margherita Ricci Curbastro. Sotto il titolo “L’anno più lungo” raccontarono quanto avvenne nel 1944 all’interno delle prigioni cittadine e in particolare nel corso degli ultimi mesi di guerra. 
Ho avuto modo di conoscere Suor Pierina nel 1994 in occasione dell’inaugurazione del Monumento sepolcrale delle vittime ebree degli eccidi di via Seganti del settembre 1944. A quella cerimonia, che organizzai per conto del Comune di Forlì in qualità di assessore insieme all’allora direttore dei Servizi Cimiteriali, l’architetto Patrizio Lostritto, intervennero il sindaco Sauro Sedioli, Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il parroco don Sergio Sala, e Luciano Caro, rabbino di Ferrara e delle Romagne. Suor Pierina, già molto anziana, mi pare di ricordare novantaseienne, partecipò grazie ai buoni rapporti che con lei aveva intessuto il giornalista e scrittore forlivese Salvatore Gioiello, il primo a pubblicare parte del diario delle tre suore nel libro “Usfadè” (Si fa giorno), redatto insieme a Lieto Zambelli, edito nel 1991 dalla Cassa Rurale e Artigiana di Forlì. 
In quell’occasione Suor Pierina rammentò lucidamente la situazione che aveva vissuto e in particolare il dolore che provò quando capì che anche sette donne detenute di origini ebree sarebbero state portate a morire, dopo che i nazifascisti aveano eliminato dieci uomini ebrei nello stesso posto e con la stessa ferocia. 
Tutta la tragica vicenda nel 1990 era stata rievocata dalla studiosa Paola Saini in un numero del Bollettino dell’Istituto Storico della Resistenza e l’anno dopo dalla rivista “Una Città”, i cui redattori furono i promotori di una sensibilizzazione cittadina che portò alla raccolta dei resti mortali degli ebrei ammazzati nei pressi dell’aeroporto Ridolfi, presenti in vari ossari del Cimitero di via Ravegnana, per collocarli in un unico e dignitoso sepolcro.  

La testimonianza delle suore
Scrissero le religiose a proposito del momento cruciale del 17 settembre: “Ci restavano ancora sette ebree, mogli o parenti degli uccisi, a loro non dicemmo la verità sui loro cari, ma che erano stati fatti partire per la Germania, ove fra breve li avrebbero raggiunti. Credevamo davvero che le donne sarebbero state risparmiate, perché un ufficiale delle SS ci aveva assicurato che le avrebbero rimpatriate. Le preparammo quindi a partire dando loro cibo ed una quantità di mele. La mattina del 17 settembre avemmo l’ordine di preparare le donne per la partenza, erano cariche di roba, le volli accompagnare, ma quando fui in giardino mi ferì la già nota allucinante visione: camionette, mitra! Mi feci forza, vidi le vittime salire sulle auto, senza poter far nulla. A queste legarono le mani, ma lasciarono che si portassero dietro i loro fagotti; una nel salire inciampò ed un pacchetto si ruppe lasciando correre via tutte le mele, io mi precipitai a raccoglierle, i tedeschi mi lasciarono fare, anzi lasciarono pure che le riconsegnassi. Questa clemenza mi dette speranza e seguii il corteo più sollevata, ma quando vidi le macchine piegare sulla sinistra, invece che andare dritte per la via del Comando, la speranza si frantumò e mi sommerse un’onda di desolazione. Poche ore più tardi sapemmo la terribile realtà; erano state fucilate come gli altri, alle «Casermette», nelle buche prodotte dalle bombe. Scaricai la mia indignazione su di un ufficiale delle SS, il più umano di tutti perché cattolico e dal quale avevo avuto tanti consensi, anche con suo grave rischio e pericolo. Egli parlava l’italiano come noi, cosi gli potei dire tutto quello che avevo nel cuore; lo vidi impallidire e mi rispose: Noi facciamo la guerra”.

Le stragi del settembre 1944
Nel settembre 1944, in via Seganti, furono molte altre le vittime della violenza nazifascista. Vale la pena riportare i nomi di tutti. È un modo per rendere loro omaggio nell’approssimarsi dell’anniversario del 75° della Liberazione, momento cruciale della storia dell’Europa che non hanno potuto vedere, ma alla quale hanno contribuito con il sacrificio più alto, quello della vita. 

Fucilati il 5 settembre
1944 Pellegrina Del Turco Rosselli in Paolucci De Calboli, nata a Firenze il 10 giugno 1891, residente a Forlì in via Largo De Calboli, 1. Collaboratrice di Tonino Spazzoli e di radio Zella fu arrestata il 2 agosto 1944.
Vincenzo Lega, nato a Faenza il 18 aprile 1915, residente a Faenza in via Renaccia 17, ragioniere. Partigiano dell’ORI, collaboratore di radio Zella, arrestato a Faenza il 7 agosto 1944.
Arthur Amsterdam, nato a Offenbach in Germania il 27 marzo 1922, figlio di Richter Sara Jalka, ultima residenza Pesaro, arrestato a Urbino perchè ebreo il 12 agosto 1944.
Israel Isidoro Amsterdam, nato a Cestochowa in Polonia il 19 aprile 1899, coniugato con Rosenbaum Lea, ultima residenza Pesaro, arrestato perchè ebreo e incarcerato a Forlì il 6 agosto 1944.
Bernhard Bruner, nato a Vienna in Austria il 18 luglio 1894, coniugato con Rosenbaum Elena, ultima residenza Milano, arrestato il 9 agosto 1944 a San Vittore di Cesena, perchè ebreo.
Israel Goldberg, nato a Wisniowiec in Polonia il 6 febbraio 1887, coniugato con Amgyfel Riwka Sara, ultima residenza Pesaro, arrestato a Forlì il 27 luglio 1944, perchè ebreo.
Gottesmann Georg, nato a Vienna in Austria il 29 gennaio 1899, ultima residenza Milano, arrestato a Urbino il 12 agosto 1944, perchè ebreo.
Alfred Lewin, nato a Berlino in Germania l’11 settembre 1911, figlio di Hammerschmidt Jenny Eugenia, ultima residenza Fermignano, arrestato a Forlì il 6 agosto 1944, perchè ebreo.
Joseph Loewsztein, nato a Varsavia in Polonia il 27 marzo 1915, ultima residenza Pesaro, arrestato a Urbino il 12 agosto 1944, perchè ebreo.
Karl Joseph Paecht, nato a Cernauti in Romania il 22 maggio 1888, coniugato con Rosenzweig Maria, ultima residenza Bologna, arrestato a S. Angelo in Vado il 12 agosto 1944, perchè ebreo.
Ludwig Stiassny, nato a Vienna in Austria nel 1887, arrestato ad Urbino il 12 agosto, perchè ebreo.
Joseph Tiemann, nato a Vienna in Austria il 28 aprile 1892, ultima residenza Pesaro, arrestato a Urbino il 12 agosto 1944, perchè ebreo.
Edoardo Cecere, nato a Firenze il 20 dicembre 1892, residente a Forlì in corso Diaz 21, colonnello dell’esercito, partigiano dell’8° brigata Garibaldi e collaboratore di radio Zella, arrestato a Villafranca di Forlì il 3 agosto.
Rosina Tacconi, nata a Riolo Bagni il 3 marzo 1890, coniugata con Angelino Mazzanti, residente a Riolo Bagni, madre di sei figli, arrestata nella sua casa di Riolo Bagni il 28 agosto, perchè madre di due partigiani. Il 2 luglio era stata arrestata anche la figlia diciottenne Marisa, tradotta nel carcere di via Salinatore il 27 agosto era stata inviata in campo di concentramento.
Rosa Tomasetti Piselli, nata a Sassofeltrio il 5luglio 1892, vedova di Vergari Nazzareno, residente a Urbania, casalinga, arrestata con le figlie perchè infermiera dei partigiani della zona di Urbania.
Maria Vergari, nata a Peglio il 15 settembre 1910, residente a Urbania, nubile, casalinga, arrestata nell’agosto 1944, collaborava con la madre e la sorella a nascondere e curare partigiani feriti nella zona di Urbania.
Palma Vergari, nata a Urbania il 14 gennaio 1915, residente a Urbania, nubile, casalinga, arrestata nell’agosto 1944, collaborava con la madre e la sorella a nascondere e curare partigiani feriti nella zona di Urbania
Pietro Alfezzi, nato a Predappio il 29 giugno 1904, residente a Forlì via Orto del Fuoco 8, coniugato con Ermenegilda Zozzi, operaio, partigiano dell’8° brigata partigiana, arrestato a Forlì nella prima decade di agosto 1944.
Francesco Arienzo, nato a Cassino il 20 aprile 1898, coniugato con Maria Pancotti, ingegnere, sfollato a Cagli di Pesaro e arrestato nell’agosto 1944, nel corso di un rastrellamento seguito ad un’azione partigiana.
Chino Bellagamba, impiegato comunale arrestato a Cesena il 9 agosto, procurò documenti a renitenti di leva e ebrei.

Fucilate il 17 settembre 1944
Sara Amgyfel Riwka, nata a Jaroslaw in Polonia il 29 luglio 1889, coniugata con Goldberg Israel, casalinga, madre di quattro figli, arrestata a Forlì il 27 luglio 1944,perchè ebrea.
Selma Sara Amsterdam, nata a Lodz in Polonia l’11 marzo 1903, figlia di Richter Sara Jalka, ultima residenza Fermignano, (Pesaro) casalinga, arrestata a Forlì il 6 agosto 1944, perchè ebrea.
Jenny Eugenia Hammerschmidt, nata a Schloppe in Germania l’11 gennaio 1881, madre di Alfred Lewin, ultima residenza Fermignano, casalinga, arrestata a Forlì il 6 agosto 1944, perchè ebrea.
Sara Jalka Richter, nata a Varsavia in Polonia il 5 luglio 1876 madre di Arthur Amsterdam e Selma Sara Amsterdam, ultima residenza Fermignano, casalinga, arrestata a Forlì il 6 agosto 1944, perchè ebrea.
Elena Rosenbaum, nata a Vienna in Austria il 21 febbraio 1894, coniugata con Bruner Bernhard, ultima residenza Milano, casalinga, arrestata a San Vittore di Cesena il 9 agosto 1944, perchè ebrea.
Lea Lisa Rosenbaum, nata a Savieccia in Polonia il 16 aprile 1906, residente a Fiume, ultima residenza Pesaro, casalinga, arrestata a Fermignano il 12 agosto 1944, perchè ebrea.
Maria Rosenzweig, nata a Preszmysl in Ungheria il 29 agosto 1897, coniugata con Paecht Karl Joseph, ultima residenza Bologna, modista, arrestata il 12 agosto 1944 a S. Angelo in Vado, perchè ebrea.

Fucilati il 27 settembre
Francesco Berretti, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Ernesto Bulgarelli, nato a Bertinoro il 24 ottobre 1897, residente a Cesena, contadino, arrestato a Cesena il 10 agosto, perchè sospettato di attività a favore dei partigiani.
Francesco Faccani, nato a Bagnacavallo il 10 novembre 1914, residente a Lugo, colono, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Adamo Giorgioni, nato a Galeata il 23 dicembre 1904, ivi residente, muratore, membro del CLN di Galeata in rappresentanza del partito repubblicano, fu arrestato dai fascisti e incarcerato nella Rocca di Civitella, nel settembre 1944 fu tradotto nel carcere di via Salinatore.
Sigfrido Giunchi, nato a Forlì il 31 marzo 1904, ivi residente, operaio, partigiano della 29° brigata Gap, arrestato a Forlì il 10 agosto 1944.
Giovanni Gurioli, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Vincenzo Gurioli, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Asa Joshua Kahn, nato a Little Neck (New York) l’8 aprile 1894, domiciliato a Ragusa, medico naturalista, trasferito dalle carceri di Pesaro dove era detenuto perchè ebreo a quelle di Forlì il 3 giugno 1944.
Giovanni Maretti, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Gaddo Morpurgo, nato a Gorizia il 31 marzo 1920, ragioniere, arrestato a Urbino il 12 agosto 1944, perchè ebreo.
Alessandro Palli, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Alfredo Petrucci, nato a Galeata il 31 maggio 1923, residente a Predappio Alta podere Porcia, arrestato nella sua abitazione di Porcia il 14 agosto perchè sospettato di attività a favore dei partigiani.
Alfredo Pirone, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Enrico Ranieri, catturato dai tedeschi il 20 settembre 1944 in Valcerreta nel corso di un rastrellamento seguito all’uccisione di due tedeschi da parte dei partigiani.
Una donna ignota.

La Fondazione Alfred Lewin
Da quel 1994 sono state molteplici le iniziative svolte per ricordare quei tragici giorni. Da segnalare gli approfondimenti di carattere storico che hanno consentito di dare i nomi esatti alle vittime e in moltissimi casi un volto, oltre che tracciarne una breve storia. Non sono mancate le pubblicazioni come “I giorni che sconvolsero Forlì. 8 settembre 1943 – 10 dicembre 1944” di Marco Viroli e Gabriele Zelli e “Aeroporto di Forlì Settembre 1943. La grande strage di ebrei e antifascisti” di Vladimiro Flamigni, entrambi editi dalla Società Editrice Il Ponte Vecchio. 
Un altro momento molto importante è stato quando si è deciso di costituire la Fondazione Alfred Lewin nel ricordo di un giovane ebreo socialista tedesco, fucilato nella nostra città, com’è stato evidenziato, insieme alla madre. Attraverso questa istituzione si sta sviluppando un impegno, rivolto soprattutto ai giovani, per ricordare cosa fu la shoà.

Gli scopi della Fondazione Lewin
Per avere informazioni sulla Fondazione Lewin si può consultare il sito www.alfredlevin.it o www.bibliotecaginobianco.it, dove sono riportate anche tutte le notizie relative alla rivista “Una Città”. Vi si trovano anche gli scopi che brevemente si riassumono a partire da dove si sostiene che: “Il dialogo, il confronto, il tavolo attorno a cui star seduti a discutere vengano prima del conflitto, che non sempre è inevitabile. Pensiamo che il pluralismo sia un valore assoluto ma anche una cosa molto utile, così come l’idea, il pregiudizio quasi, che negli altri ci siano sempre delle ragioni da stare a sentire, da indagare. (…) Crediamo che la tutela della pace e i principi della non violenza e non prepotenza nei rapporti umani e fra i popoli non si possano mai disgiungere da quelli della legittima difesa e del pronto soccorso verso chi, individui, gruppi umani o interi popoli, è perseguitato e in pericolo di vita. Inevitabile, quindi, anche la ripulsa di ogni imperialismo che, in nome casomai della democrazia, pratichi una politica di potenza nel disprezzo dei diritti umani. (…) Ci sembra importante provare a raccontare, a giovani ansiosi di cambiamento, come si possa essere radicali senza essere antagonisti, come si possa costruire un mondo migliore senza dover prima distruggere”.

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