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Il rilancio è possibile. La politica ce la farà?

Il tesoretto c'è. Servono volontà, determinazione e lavoro

L’ennesima conferenza stampa urbi et orbi ha aperto la strada alla fase due che partirà fra una settimana. Per molti sarà una fase uno e mezzo. Questi mega annunci iniziano a stancare e, comunque, non se ne sente più il bisogno. Comunque era facile immaginare che ci sarebbero stati degli scontenti. Difficile dire chi ha ragione. Solo il tempo sarà l’unico insindacabile giudice. Nella strategia di contenimento nessuno ha e può avere certezze. Una cosa era necessaria: non dare la sensazione del liberi tutti.

Nell’ultimo periodo gli interventi, sotto forma di decreto, non sono mancati. Per ora si è giocato non difesa, sia per quanto riguarda l’aspetto sanitario che per quello economico. Se per il primo è giusto temporeggiare, non altrettanto si può dire per il secondo. È arrivato il momento di passare alla fase d’attacco. Anche se è impensabile pensare di poter giocare con tre punte. Però serve in fretta una strategia sia per l’aspetto finanziario che per quello produttivo.

In tal senso interessanti sono le proposte che Carlo Messina, ad di Intesa Sanpaolo, ha fatto su Il Sole 24 Ore. Innanzitutto chiede di fare un fretta perché la prospettiva è una forte accelerazione della crisi che nel giro di pochi mesi potrebbe portare il numero delle persone in 

difficoltà gravi verso i 10 milioni. Inoltre bisogna capire come sarebbe utilizzato l’inevitabile  aumenti di raccolta. Un’idea potrebbe essere quella di creare un fondo di ricostruzione e sviluppo finalizzato alla ricapitalizzazione di aziende di filiere strategiche.


Messina fa cinque proposte. Quattro sono finanziarie e stimolano il governo ad intervenire per far crescere la parte di debito pubblico controllata dal risparmio italiano. Al momento è al cinque per cento, mentre Messina si auspica che arrivi al venti. Senza andare a disturbare gli irredimibili, per farlo ritiene siano indispensabili due interventi: buoni del tesoro a lunghissima scadenza e con un ritorno (tasso d’interesse e agevolazioni fiscali) più interessante di quello attuale. Inoltre serve introdurre qualche forma di conservazione del valore del capitale nel tempo: un’indicizzazione.

Per il produttivo considera indispensabile uno choc. Ma non c’è niente da inventarsi. Anche Messina riconosce che un tesoretto ce lo abbiamo già in casa. Non a caso suggerisce di sbloccare quei 150 miliardi di fondi pubblici già contabilizzati per interventi sulle infrastrutture e nell’edilizia, ma prigionieri della burocrazia. Sarebbero un importantissimo stimolo per l’economia. Ma serve intervenire in fretta sul codice degli appalti. È lì che ci si gioca buona parte del futuro dell’Italia.

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