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Le tradizioni popolari scomparse dei primi di maggio Santa Croce (3 maggio)

Prosegue il lavoro di ricerca di Radames Garoia e di Nivalda Raffoni sulle tradizioni di un tempo, collegate soprattutto al mondo contadino e ormai dimenticate. In questo caso prendono in considerazione l’importanza che si attribuiva alla ricorrenza di Santa Croce. Da secoli, la festa della Croce si teneva il 3 maggio, ma, a seguito delle riforme del “Messale Romano” operate durante il pontificato di Giovanni XXIII, nel 1960/62, la festività di maggio venne abolita, lasciando solo quella del 14 settembre, come giorno della “Esaltazione della Santa Croce” 
“In quel giorno (3 maggio), scrivono i due esperti, i campagnoli andavano a Messa il mattino presto, facevano nuovamente benedire un ramoscello di ulivo (già benedetto a Pasqua) e lo intrecciavano nella croce, fatta di canne legate tra di loro, che poi piantavano nei campi, solitamente “int e cavdêl” (nella cavedagna), quale rito stagionale per ottenere la fertilità della terra, dalla quale dipendeva il sostentamento economico della famiglia. L’usanza di piantare piccole croci nei campi era seguita da tutti i contadini perchè essi avevano molto timore della “timpësta”, termine usato per identificare la grandine (e non il temporate), da cui il proverbio romagnolo che recita “la timpësta la fa i purett” (la grandine crea dei poveri).
“Diverse erano le credenze e le superstizioni per tenere lontana la “timpësta”, evidenziano Radames Garoia e Nivalda Raffoni. All’avvicinarsi di un temporale estivo con forte probabilità di grandine, si ponevano sull’aia alcuni attrezzi di ferro, messi tra di loro a forma di croce. Oppure facendo suonare le campane della chiesa (e noi abbiamo udito più volte le campane delle chiese parrocchiali, anche a chilometri di distanza, suonare a distesa in contemporanea), si riteneva che le onde sonore potessero “rompere” il temporale. Altro tentativo di scongiuro era lo spargere nei campi i resti (conservati) del ciocco di Natale, dell’ulivo benedetto o del guscio dell’uovo prodotto il venerdì santo”.
Secondo i due studiosi vanno ricordate inoltre le “numerose superstizioni legate al simbolo della croce: si doveva disfare qualunque croce si fosse composta per caso, segni di croce venivano eseguiti su sofferenti o su parti del corpo doloranti, nella speranza di alleviare il male”.
E, per concludere, un proverbio relativo alla croce: “Se a j avì una cros in cà, tnivla da cont, parchè un v’in chëpita ona dal péz!” (se avete una croce in casa, tenetevela di conto, perché non ve ne capiti una peggiore).

Andé a Maz (Andare a Maggio)
Questo modo di dire identificava la consuetudine di recarsi alla Chiesa per il rosario serale che si recitava in onore della Madonna (Maggio è detto anche mese Mariano). Appuntamento da rispettare, non era solamente un momento di fede, ma era anche un momento di aggregazione, i bambini giocavano tra di loro, le donne coglievano l’occasione per parlare con le vicine, per scambiarsi informazioni, notizie e pettegolezzi; era ancora molto lontano il “gossip” attraverso i social!
A questa usanza, ben si adatta questo componimento di Nivalda Raffoni in dialetto (con relativa traduzione sottostante).

MAZ 
A la fen d’abril a inviema a pasês la vôsa:
“l’inveja maz, arcurdiv che agl’ott u j è e’ Rusêri!”
As truvema in prinzipi de viôl che purteva so a la cisa,
tot puntuêl, nissun in ritêrd.
Par la piò a sema burdëli, quelca mama e pareci noni.
Par nun l’era una fësta, a zughema,
as curema drì, a ciapema al lozli
e us sintiva un cuncert ad grell e ranoc.
Ades tot e fa perta sol di mi ricurd,
me an so propi piò una burdëla,
al lozli e i grell j è quasi sparì
e la cisa la j è ciusa parchè e’ prit un’gnè piò,
né par la Mesa e né par e’ Ruseri.
U j è armast sol i ranoc, che nenca se j ha una brota vosa,
im fa cumpagnì e im svegia i ricurd de temp indrì.

MAGGIO
A fine aprile iniziavamo a passarci la voce: / “inizia maggio, ricordatevi che alle otto c’è il Rosario!” / Ci trovavamo all’inizio del viottolo che portava su alla chiesa, / tutti puntuali, nessuno in ritardo. / Per lo più eravamo bambine, qualche mamma e parecchie nonne. / Per noi era una festa, giocavamo, / ci rincorrevamo, prendevamo le lucciole  / e si sentiva un  concerto di grilli e ranocchi. / Adesso tutto fa parte solo dei miei ricordi, / io non sono proprio più una bambina, / le lucciole e i grilli sono quasi spariti / e la chiesa è chiusa perché il prete non c’è più, / né per la Messa e né per il Rosario. / Ci sono rimasti solo i ranocchi, che anche se hanno una brutta voce, / mi fanno compagnia e mi risvegliano i ricordi dei vecchi tempi.

Buon mese di Maggio a tutti!

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