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La battaglia di Biserno di Santa Sofia

Sesta tappa dell'itinerario storico in previsione del 2 giugno

L’odierna tappa storica di avvicinamento al 2 giugno, festa della Repubblica, ci conduce nel territorio di Santa Sofia, abbastanza distante dal punto di vista chilometrico da Forlì, ma in realtà unito dagli avvenimenti della Resistenza combattuta da dopo l’8 settembre 1943 alla Liberazione. Infatti in questa zona il 12 aprile 1944 dodici partigiani appartenenti alle brigate Garibaldi sacrificarono la vita per consentire ai compagni, in gran parte originari della pianura forlivese e romagnola, di tentare di sottrarsi al rastrellamento tedesco. In previsione dell’attacco alleato alla Linea Gustav il Comando tedesco decise di ripulire della presenza partigiana la zona della Linea Gotica attraversata da vie di collegamento di importanza strategica per il rifornimento e la ritirata delle truppe impegnate al fronte. Ai primi dell’aprile 1944 la divisione “Hermann Goering” rinforzata da reparti di SS e della Guardia nazionale repubblicana iniziò il rastrellamento. I tentativi partigiani di sottrarsi all’accerchiamento, dovuto al contemporaneo procedere delle truppe dalle Marche, dalla Toscana e dal Forlivese, fallirono nonostante i sanguinosi combattimenti sostenuti il 6 e 7 aprile 1944 alle pendici del Monte Fumaiolo, il più duro a Calanco vicino a Fragheto località sulla quale si abbattè il terrore tedesco e 33 abitanti vennero uccisi. Anche i partigiani feriti ricoverati nell’infermeria di Capanne vennero scoperti e trucidati dai fascisti. Dopo i combattimenti le formazioni partigiane furono costrette a rientrare nelle zone di partenza: Ridracoli, Poggio La Lastra, Strabattenza, Biserno.
La mattina del 12 aprile 1944 una colonna tedesca della forza di un battaglione si attestò sulla statale S.Sofia-Corniolo con obiettivo il crinale dei monti Biserno-San Paolo tenuto da due compagnie partigiane. Loro compito era quello di ritardare l’avanzata tedesca per dar modo alle restanti formazioni di sottrarsi al rastrellamento. Posizionate le armi pesanti i tedeschi aprirono il fuoco e procedettero poi a piedi lungo gli anfratti del crinale. La battaglia si accese cruenta e i tedeschi vi ebbero diverse perdite. Conquistate posizioni più avanzate grazie alla collaborazione di una spia che li condusse per sentieri a loro sconosciuti, i tedeschi presero a spazzare il crinale con l’artiglieria decimando i partigiani che furono attaccati anche alle spalle. Chi era sopravvissuto si sganciò, in dodici rimasero sul terreno della battaglia. 

L’organizzazione della Resistenza dopo l’8 settembre 1943

Se questi furono i tragici esiti, cosa era avvenuto nei mesi precedenti? Le vicende, che riporterò in maniera sintetica, sono state ampiamente descritte in libri e sono raccontate su siti internet. Su quello dell’ANPI di Alfonsine si legge: “All’inizio di novembre ’43, con elementi in gran parte di Alfonsine posti sotto il comando di Libero (Riccardo Fedel), iniziò l’attività partigiana sulle montagne del territorio faentino ricompreso tra le strade Faenza-Marradi e Imola-Firenzuola. Compito del gruppo era ricercare e riunire gli eventuali isolati piccoli nuclei partigiani che si supponeva si aggirassero nella zona. Il 20 novembre il comandante del Gruppo venne chiamato a Forlì dove ricevette l’ordine del Comitato Provinciale di spostare la formazione nell’appennino forlivese, per raggiungere altri gruppi esistenti con i quali costituire la Brigata Partigiana Romagnola “Giuseppe Garibaldi”.
La formazione partì il 28 novembre e dopo 100 km di marcia in appena tre giorni, raggiunse la località fissata, a ovest di Galeata (FC) congiungendosi con un altro gruppo. Iniziò così l’organizzazione della 8° Brigata Garibaldi. In pochi mesi, aumentando la consistenza numerica della formazione, aumentavano anche gli attacchi alle forze nazifasciste e, con esse, una minaccia terribile per il Comando tedesco schierato sulla Linea Gotica. Proprio per questo i tedeschi, il 6 aprile 1944, decisero di attaccare e di annientare, con enormi mezzi, i “ribelli di Romagna”.
La zona del rastrellamento era compresa nel quadrilatero Premilcuore-Consuma-San Sepolcro-Pennabilli. Sui monti Fumaiolo e Falterona si strinse un enorme cerchio di ferro e fuoco attorno al migliaio di partigiani che, sebbene male armati, con 450 uomini ancora senz’armi, seppero tener testa per molti giorni alle preponderanti forze nemiche, com’è stato accennato.Secondo gli storici la Battaglia di Biserno, nonostante le perdite umane e la momentanea disgregazione partigiana, non fu una battaglia persa. Anzi, essa raggiunse lo scopo di permettere alla Brigata di sganciarsi e di riorganizzarsi, continuando a combattere fino alla Liberazione.

Oggi, a 76 anni di distanza da quei fatti, leggendone la cronaca, ritroviamo tutti gli elementi che fecero della lotta partigiana uno degli elementi per la liberazione del nostro paese: il coraggio, l’eroismo degli uomini e delle donne che ne furono protagonisti, il mettere a rischio la propria vita e nello stesso tempo la profonda umanità che si esprimeva a difesa degli altri, la fiducia che anche grazie al sacrificio personale si sarebbe potuta costruire un’Italia profondamente rinnovata nel suo assetto politico e sociale. Tutto ciò ha generato la nostra Costituzione che è il documento base della nostra Repubblica che festeggeremo il prossimo 2 giugno. Tra gli articoli della legge fondamentale dello Stato italiano in uno, l’undici, si fa esplicito riferimento al ripudio della guerra come strumento di offesa degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ciò ha dato al nostro paese, ad oggi, 75 anni di pace. Invece sotto il regime fascista, quando predominava il culto della violenza esaltato in ogni maniera, cosa successe nei nostri territori durante il Secondo conflitto mondiale dopo che l’Italia entrò in guerra il 10 giugno 1940 e in particolare durante il passaggio del fronte? Verrà raccontato nelle prossime tappe che prenderanno come esempio quello che avvenne in due località: San Varano e Rovere.

Gabriele Zelli 

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