Oggi si sarebbe dovuta correre l'edizione 2020 della classica del podismo cssenate, una finale di Champions
Mi manca, eccome se mi manca. Oggi si sarebbe dovuta correre la notturna di San Giovanni, invece è stata cancellata per l’emergenza sanitaria. Sono tantissimi anni che partecipo a gare podistiche. Ma non sono mai stato coinvolto dal clima agonistico. Niente a che vedere con la tensione che saliva in maniera direttamente proporzionale all’avvicinarsi del fischio d’inizio delle partite di calcetto. Da podista solo nel giorni della San Giovanni l’adrenalina comincia a salire fin dalla mattina.
Un amico (molto più veloce di me) ha detto che manca anche a lui perché quel clima è irripetibile. È la finale di Champions di ogni cesenate, che corra o assista. In effetti la notturna di San Giovanni ha un fascino particolare. Sarà perché è legata alla festa del patrono.Oppure per l’orario in cui di disputa: sia la partenza che l’arrivo sono nel dopo cena in pieno centro e davanti agli amici.
Ma la San Giovanni è tutta bella. Mi mancherà il clima della partenza da piazza della Libertà, il passaggio davanti ai giardini pubblici e Porta Santi. Stupendo è anche il serpentone multicolor che si snoda nella discesa dell’ ospedale. Il gruppo poi comincia a sgranarsi nel rettilineo di Rio Marano, circa tre chilometri in leggera salita che portano a sua maestà la Ridolfi, il Mortirolo del podismo cesenate. È tostissima, ma non è la principale asperità del territorio, ma essere la Cima Coppi della San Giovanni le hanno fatto aumentare blasone e relativo rispetto.
In quei circa ottocento metri vanno evitati voli pindarici. Spingendo troppo si rischia di intossicare i muscoli di acido lattico e compromettere il resto della gara. È vero che subito dopo c’è un ristoro, quanto mai benvenuto. La Ridolfi è comunque un tratto adrenalinico e percorrerla in altri momenti non dà le stesse sensazioni. Come è tutta un’altra cosa l’attraversamento di Ponte Abbadesse dove, durante la notturna, dai sempre qualcosa di più perché sai che qualcuno che ti guarda c’è sempre.
Ma ogni stilla di energia è consumata nell’ultimo tratto, quello che dalla svolta di fronte a piazza Libertà porta all’arrivo. Li si dà tutto. Non tanto per guadagnare posizioni o abbassare il tempo di qualche secondo. Bensì per fare un figurone al cospetto delle persone che guardano: amici e sconosciuti, curiosi e no. Anche se occupi una posizione di classifica più o meno infida, è il momento in cui l’ego è al massimo e quei circa trecento metri fatti con la lingua di fuori forse saranno la cosa che mi mancherà di più.
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