Domenica 2 agosto sarò a Bologna per la quarantesima volta a chiedere verità e giustizia per le 85 vittime e i 200 feriti della strage alla stazione ferroviaria e i 12 morti e 48 feriti dell’attentato al Treno Italicus. In quest’ultimo gravissimo episodio, considerato uno dei più gravi verificatisi negli anni di piombo, assieme alla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, alla strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 e a quella di Bologna del 1980, perse la vita il forlivese Silver Sirotti nel nobilissimo ed eroico gesto di portare soccorso ai passeggeri dei vagoni colpiti dall’esplosione e per questo gli è stata conferita la Medaglia d’oro al valor civile alla memoria.
Nonostante le disposizioni anticoronavirus, che hanno determinato una sostanziale modifica alla manifestazione di Bologna essendo vietati gli assembramenti, saremo in molti, sia fisicamente sia col cuore, ad essere presenti nel capoluogo emiliano-romagnolo, così come è avvenuto sempre in passato. Quest’anno con alcuni gesti di grande valore umano, storico e politico ci ha preceduto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, come al solito, ha trovato argomenti sobri e semplici ma nello stesso tempo di straordinario ed elevatissimo significato per ribadire la necessità che si continui a cercare la verità, sia quella giudiziaria sia quella storica.
Il presidente Mattarella, dopo aver reso omaggio alla lapide che riporta l’elenco dei morti collocata nell’atrio della stazione di Bologna, “vittime della barbarie degli stragisti, ha detto che: “Vi sono poche parole da poter pronunziare, e sono: dolore, ricordo, verità”. “Ognuna di queste persone aveva una storia”, ha proseguito il presidente, “una prospettiva di vita, un futuro che è stato rimosso, sottratto loro e cancellato. È stata sconvolta la vita di molti familiari delle vittime. Questo ha indebolito il nostro Paese nella sua società, complessivamente, privandolo di storie di futuro dei suoi cittadini e di tante persone che erano qui in quel 2 agosto. Questo dolore non è estinguibile; è una ferita che non può rimarginarsi e che per questo motivo chiede ricordo. Il ricordo delle vittime, anzitutto, di quel che è avvenuto, per essere vigili, per evitare che si ripetano, che si ripeta qualunque avvisaglia di strategie del terrore come quella che allora fu messa in campo”.
Nel suo intervento il presidente Mattarella ha ricordato la reazione di Bologna e dei bolognesi nei momenti successivi al vile attentato. È questa l’immagine che ricordo con maggior nitidezza quando verso le 14.00 di quel giorno raggiunsi la zona della stazione insieme con l’orrore nel vedere le vittime che venivano estratte dalle macerie e caricate sull’autobus n. 37 attrezzato come improvvisato carro funebre, mentre i feriti venivano trasportati negli ospedali. Fu dapprima una reazione immediata di soccorso poi, come ha ricordato lo stesso Mattarella, “una reazione civile, determinata, composta, con molta forza, a difesa della vita, della libertà, della democrazia contro lo stragismo e la strategia del terrore. Una reazione che è stata accompagnata da tutta Italia; una reazione che ha rafforzato la nostra democrazia e ha sconfitto lo stragismo e le sue strategie criminali”.
Al coro dei cittadini e delle istituzioni che in tutti questi anni ha chiesto verità e giustizia e che continuerà a farlo si è aggiunta la voce autorevolissina del presidente Mattarella che ha sostenuto come “l’esigenza di piena verità, l’esigenza di giustizia, di verità completa che è stata perseguita con determinata e meritoria ostinazione dall’azione giudiziaria, dalla sollecitazione dei cittadini, dei familiari delle vittime contro ogni tentativo di depistaggio e di occultamento”. Ed ha infine concluso che: “Questo richiede, naturalmente, che si faccia di tutto, con impegno completo e senza alcuna riserva, perché la verità venga raggiunta in pieno. Quindi la mia presenza qui ha questo significato: partecipazione al dolore che rimane, per quanto avvenuto; solidarietà della Repubblica per questo dolore; ricordo, dovere del ricordo e della memoria, perché non si smarrisca mai la consapevolezza di quanto avvenuto e della sua gravità, e di quanto va impedito per il futuro; ribadire l’esortazione, la sollecitazione a sviluppare ogni impegno per la verità, con ogni elemento – documentale o non documentale – che possa contribuire a raggiungere pienamente la verità”.
Concetti che ha ribadito durante la visita all’hangar-museo che raccoglie i resti dell’aereo decollato da Bologna per Palermo il 27 giugno di quel drammatico 1980 abbattuto sopra Ustica (dove perse la vita il forlivese Giacomo Filippi) tanto che nel libro degli ospiti Mattarella ha scritto: “Questo museo è un tempio della memoria che consente di mantenere intatto il ricordo della tragedia ed esorta a ogni mezzo per difendere vita e libertà”.
Gabriele Zelli
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