Il populismo lo abbiamo voluto noi

È la legge della domanda e dell'offerta. Quindi non possiamo lamentarci se la classe politica ha dei limiti

Un amico continua a pontificarmi il sistema svedese. Il paese scandinavo ha scelto di  affrontare l’emergenza sanitaria con un approccio differente da tutti gli altri stati: nessuna chiusura confidando sul buon senso dei residenti. Scelta che pare essere stata apprezzata anche dal Fatto Quotidiano, almeno stando ai contenuti di un articolo pubblicato in questi giorni.

Alla fine in Svezia l’indice di mortalità è sui livelli degli altri paesi, ma l’economia soffre meno. Anche se, essendo un paese che punta molto sull’export, risente di quello che succede fuori dai suoi confini.

Ha fatto bene o male? In base agli ultimi dati forniti pare che abbia fatto bene. Resta da capire se sarebbe stato un modello esportabile, soprattutto in Italia.

Su questo qualche dubbio in più è legittimo in quanto tutto ruota attorno al buon senso delle persone. E noi italiani, da questo punto di vista non siamo esenti da colpe. Una domanda è legittima: cosa sarebbe successo senza imposizioni.Sono sotto gli occhi di tutti le immagini delle grigliate collettive sui tetti dei condomini durante la quarantena, oppure la denuncia di un sindaco: “Siete diventati tutti maratoneti”. Ma anche le immagini dei luoghi della movida.

Ma, al di là dei casi specifici, è noto che noi siamo più allergici al rispetto delle regole. Non che i nordici, scandinavi in testa, sia dei cavalieri senza macchia e senza peccato. Anche loro hanno dei problemini irrisolti. Però il loro senso civico è maggiore. E in situazioni come questa è importante.

Forse è anche per questo che abbiamo una classe politica che lascia a desiderare. La politica è  sempre stata alla ricerca del consenso e nepotismo e prebende non sono mai mancati. Ma, dall’avvento di Berlusconi in poi, la situazione è peggiorata. Ed il populismo è la diretta conseguenza. Non a caso abbiamo un corpo elettorale (il ventre molle) ondivago, che si sposta in continuazione rincorrendo l’imbonitore di turno. Mentre le visioni di prospettiva sono merce rara perché impopolari.

Ormai basta promettere. Esempi ce ne sono anche a livello locale. È sufficiente protestare per ottenere l’interesse di qualche politico. E più si alzano i decibel della voce, maggiore è il richiamo. Fin qui niente di male. Il problema non è la protesta, ma il comportamento dei politici che accettano di diventarne i portavoce anche se l’interesse generale fosse in contrasto con quella protesta. Però Parigi val bene una messa.

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Davide Buratti

Davide Buratti, giornalista professionista, fondatore della Cooperativa Editoriale Giornali Associati che pubblica il Corriere Romagna, di cui dal 1994 e per 20 anni è stato responsabile della redazione di Cesena. Oggi in pensione scrive di politica, economia e attualità a 360 gradi nel suo blog per Romagna Post. Per contatti utilizzate il box commenti sotto gli articoli.