Un esperimento, come ci tengono a sottolineare il presidente Enrico De Sanso e il socio Andrea Mignozzi, che è anche il primo dipendente di Stadera, che in pochi mesi è passata dai 21 soci originari ai 250 attuali.
Appena si entra a Stadera si capisce subito che non è un negozio – o meglio un supermarket – come tutti gli altri. E non a causa delle mascherine che si è costretti a indossare per proteggerci dai rischi di contagio da Sars Cov 2, ma perché è il primo esperimento di cooperativa autogestita di consumo della Romagna. Un esperimento, come ci tengono a sottolineare il presidente Enrico De Sanso e il socio Andrea Mignozzi, che è anche il primo dipendente di Stadera, che in pochi mesi è passata dai 21 soci originari ai 250 attuali.
«Il funzionamento di Stadera – spiega De Sanso – si rifà agli esempi di New York, Parigi e Bruxelles, che sono quelli di maggiore successo nel mondo. È una cooperativa di consumatori e i soci sono i proprietari della cooperativa, i clienti esclusivi e i gestori, perché intervengono nella conduzione quotidiana del negozio occupandosi della cassa, della sistemazione dei prodotti nelle scaffalature, nella ricezione della merce, della pulizia e dell’accoglienza dei clienti. In sostanza hanno 3 funzioni: clienti, proprietari e lavoratori volontari. In quest’ultima veste sono coinvolti per 2 ore e 45 minuti ogni 4 settimane, quindi 13 volte all’anno».
Il funzionamento di Stadera, a cui ci si iscrivere versando una quota di 25 euro e accettando l’organizzazione in autogestione. non può che richiamare alla mente la prima cooperativa di consumo, fondata a Rochdale. Nata da un progetto di Enrico De Sanso, Andrea Mignozzi e Lia Zoli che è arrivato in finale all’edizione 2019 di Coopstartup Romagna, Stadera è stata fondata a febbraio 2020 ma ha aperto ufficialmente a metà giugno a causa dell’emergenza sanitaria. La sua ambizione è molto chiara: proporre un modello economico alternativo alla grande distribuzione, in cui i soci si riappropriano di una parte dell’attività legata al consumo. Questo, come spiega Andrea Mignozzi, «permette di abbattere i prezzi, perché i soci possono acquistare prodotti di qualità al 30 per cento in meno, ma non solo. Il coinvolgimento nella vita della cooperativa è un momento di socialità collegato al consumo dei prodotti, cioè alla consapevolezza di come funziona questa attività. E la cittadinanza sta rispondendo molto bene: è un segnale che c’è voglia di fare comunità».
Per una cooperativa come Stadera l’aspetto della governance è ovviamente fondamentale, come ricorda il presidente. «Le decisioni vengono prese in assemblee convocate ogni tre mesi: inoltre sono previsti coordinamenti e gruppi operativi: è un’organizzazione orizzontale che permette di tenere insieme tutti i momenti dell’autogestione».
Infine i prodotti: Stadera punta sulla sostenibilità e sulla qualità di quelli sfusi, con circa quaranta referenze ma destinate ad aumentare, come sul biologico e sul locale per quanto riguarda gli alimenti freschi.
Riguardo ai prodotti confezionati la scelta è più varia, con due o tre opzioni per ogni tipologia e 500 referenze complessive. Inoltre è a disposizione il servizio di e-commerce e la consegna in negozio.
Quest’anno l’obiettivo di Stadera è superare le difficoltà dovute all’emergenza sanitaria e investire su un frigorifero per gli alimenti freschi.
«L’idea di questa esperienza – conclude De Sanso – nasce da una domanda: perché i prodotti sani, sostenibili e locali sono in genere impraticabili per un consumatore medio, o comunque hanno prezzi non per tutte le tasche? Abbiamo deciso di provare a proporli a costi accessibili: e per potere avere un impatto sui volumi e offrire una gamma vasta l’unica opzione era fare un supermercato».
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