Ma del rischio vero se ne parla troppo poco
Il 20 e 21 settembre si voterà per decidere se confermare o no il taglio dei parlamentari. Riforma costituzionale voluta dai 5Stelle. Il fronte del Sì e quello del No stanno portando avanti le proprie ragioni. I commentatori ritengono sia favorito il Sì, ma qualche dubbio è legittimo. Soprattutto vedendo che il fronte del No è trasversale. Ma si arricchisce sempre più di esponenti del Pd, almeno stando a quello che si vede sui social.
Di sicuro è una riforma costituzionale infarcita di populismo. Ma non è quello il problema principale. Alla base c’è una buona dose di incoerenza. Innanzitutto da parte dei grillini, ma anche della Lega e di Fratelli d’Italia. Tutti e tre i partiti pochissimo tempo fa sono stati fieri oppositori della riforma (azzeramento del Senato) voluta da Renzi ed ora appoggiano una proposta ancor più pasticciata.
Il fronte del No è composto da molti costituzionalisti. Diversi sono i motivi addotti. Quello che convince meno è che si corre il rischio di un regime. È vero invece che sarebbe stato meglio decidere la legge elettorale prima del voto. Anche se è chiaro che, se il governo non cadrà, avremo una forma di proporzionale.
Però nessuno parla del vero problema che si aprirebbe se vincesse il Sì: i territori non avrebbero più i parlamentari di riferimento. Il taglio consistente di onorevoli e senatori obbligherebbe a disegnare collegi più ampi. E sarebbe un guaio. Perché, sia chiaro, non è un problema di lana caprina.
Gli eletti sono fondamentali per un territorio. Per l’aiuto che possono/devono dare sia al pubblico che al privato. Tante volte l’inserimento di un emendamento può essere di vitale importanza. E quello può essere elaborato solo dopo aver ascoltato tutta una serie di istanze locali. Lo dimostra quello che fece Massimo Bonavita per il Corriere Romagna.
Emblematico poi è l’esempio della secante, progetto datato, ma che decollò grazie all’impegno di Edoardo Preger, sindaco, e Davide Trevisani, presidente Fondazione Carisp. Ma fondamentale fu il lavoro che a Roma fece Roberto Pinza, parlamentare prima della Dc e poi dell’Ulivo.
Tutte coperture che difficilmente un parlamentare potrà garantire se avrà un territorio più vasto da coprire e minor tempo a disposizione perché, la riduzione del numero complessivo, dovrebbe aumentare il lavoro di onorevoli e senatori.
Comunque la speranza è che non si polarizzi il voto. In occasione dei referendum costituzionali andrebbe evitato l’errore fatto da Matteo Renzi: farlo diventare un test sul governo.
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