Il post di Gian Paolo Castagnoli
La scuola è il tema trattato da Gian Paolo Castagnoli, giornalista cesenate, nel suo ultimo post su Facebook.
Lo capisco ma c’è qualcosa di stonato in questo ritorno a scuola. È il fatto che se ne parli esclusivamente in ottica di rischio Covid. E temo che lo si farà a lungo.
Invece credo che il suono della prima campanella di questa mattina dovrebbe essere l’occasione anche per riflettere e discutere della scuola che serve e che vogliamo, al di là delle giuste precauzioni anti-contagio.
Qualche giorno fa ho letto una bella domanda su un post di una mia “amica di Facebook”: istruzione ed educazione sono la stessa cosa? La mia risposta è no e credo che sarebbe importante interrogarsi su questo all’interno del mondo della scuola.
Da troppi anni mi pare che, al di là di lodevoli eccezioni legate all’intelligenza e alla sensibilità di singoli insegnanti, la scuola sia diventata il luogo dell’istruzione invece che dell’educazione e penso che sia sbagliato e pericoloso. Spaventati dal fatto che i test Invalsi attesterebbero che le conoscenze apprese dagli studenti italiani sono inferiori a quelle dei coetanei stranieri, abbiamo cambiato palesemente metodi e soprattutto “filosofia” dell’insegnamento. L’apprendimento di nozioni e lo sviluppo di competenze è diventato tutto.
Ma la scuola non può e non deve essere solo questo, bambini e ragazzi che la frequentano non possono e non devono essere trattati come recipienti da riempire di cose da sapere.
Imparare a scrivere correttamente e a fare di conto, sapere chi fu il primo re di Roma e in che anno c’è stata la rivoluzione francese, memorizzare qual è la capitale della Norvegia o sapere recitare L’Infinito di Leopardi è importante, ma la scuola non si esaurisce lì. La scuola, soprattutto fino all’età dell’adolescenza, deve sviluppare soprattutto l’amore per il sapere, la curiosità, la comprensione del perché sia importante, o semplicemente bello, conoscere quella poesia di Leopardi o quell’avvenimento storico. Deve fornire gli strumenti per ragionare e per confrontarsi. Deve tirare fuori il meglio da esseri umani che vivono una delicata e importante fase di crescita. Deve essere una palestra si convivenza e di socialità, dove si scopre quanto i rapporti umani siano complessi e meravigliosi al tempo stesso (perciò è fondamentale provare a tornare “fisicamente” in classe e la didattica a distanza sarà sempre un ripiego). Deve essere il primo passo del percorso che ci porta ad essere cittadini consapevoli e attivi (da questo punto di vista, sono contentissimo dell’introduzione dell’educazione civica come nuova materia di studio a tutti gli effetti, una novità aspettavo da tanto tempo).
Maestri e maestre, prof, ma anche genitori e studenti, ricordatevelo, ricordiamocelo tutti. Va benissimo l’insegnamento dell’inglese fin dagli asili ma la qualità della scuola non si misura solo su quello, perché tanto per capirci, se non si impara a pensare e a dialogare in modo intelligente, non servirà assolutamente a niente sapere che cane si dice “dog”. Lo dico a ragion veduta, perché ho un fratello che fino a vent’anni ha avuto una padronanza della lingua inglese limitata, eppure oggi insegna Filosofia all’Università di Oxford: c’è sempre tempo per imparare quando ci sono pilastri solidi.
Il mio augurio finale è che, pur con la doverosa attenzione alla minaccia del coronavirus, riusciremo a non ridurre questa stagione scolastica a una sfida sanitaria.
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