Non serve un'aspirina. Tutti poi dovranno fare la loro parte, commercianti compresi
CESENA. Il commercio è un malato grave, ma non incurabile, però deve adeguarsi alle nuove abitudini. Pensieri e parole sono di Luca Ferrini, assessore allo Sviluppo economico, che è intervenuto sullo stato di saluto del commercio al dettaglio non alimentare. Lo ha fatto sollecitato da Graziano Gozi, direttore della Confesercenti, che, durante la presentazione dello studio sullo stato di salute sui pubblici esercizi, ha aperto il fronte anche sul commercio tradizionale.
Ferrini non si è fatto pregare e ha ribadito quella che da tempo è la sua idea: i commercianti devono cambiare abitudini. “I negozi devono restare aperti quando c’è la gente. E il centro inizia ad essere frequentato dalle 18”. Per quello ha suggerito di prorogare l’apertura fino alle 23. Forse le 23 è troppo. Ma alle 21/21,30 bisognerebbe arrivare, magari posticipando l’apertura mattutina e pomeridiana.
Del resto è opinione diffusa che il commercio al dettaglio necessiti di un restyling importante. In un intervento su Class Cnbc, canale televisivo economico, l’amministratore di Ovs è stato chiaro aggiungendo che l’online è un problema, ma non sostituirà mai totalmente il commercio tradizionale. Ha aggiunto che le vendite sul web nel mondo pesano per il 25 per cento. In Italia sono vicine al dieci per cento. Quindi per i negozi la situazione è destinata a peggiorare, ma i margini per esistere continueranno ad esserci. Ma molto dovrà cambiare.
Non servirà un piano Marshall, ma quasi. Ognuno dovrà fare la sua parte. I Comuni dovranno portare le persone nei centri storici, i produttori alzare l’asticella della qualità, i commercianti adeguarsi per intercettare la domanda e lo Stato agire sul piano fiscale. Ha ragione Gozi quando dice che è necessario un intervento strutturale come è stato fatto per l’agricoltura. L’obiettivo deve essere quello di rendere il commercio un’attività appetibile anche ai giovani che ora (giustamente) se ne guardano bene da fare questo tipo di investimento. E, per raggiungere questo obiettivo, non servono sussidi una tantum o a pioggia, ma bisogna intervenire sulla leva fiscale. E in modo consistente. La risposta deve arrivare dallo Stato centrale, se non addirittura dall’Europa. I Comuni non possono fare molto dal punto di vista economico. Possono però giocare lo stesso un ruolo importante sollecitando Regioni e Parlamento.
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