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Don Angelo Savelli: un prete forlivese che credeva nella libertà e nella democrazia

Dopo gli articoli dedicati a Luigi Pierantoni, una delle  335 vittime dell’eccidio nazifascista alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944, ed aver rinnovato la richiesta che a Forlì si collochino “le pietre d’inciampo” nei luoghi dove avvenne la persecuzione nei confronti degli ebrei, nonché gli eccidi di via Seganti, intendo riportare alle luce la figura di don Angelo (Gino) Savelli, figura di prete forlivese che credeva nella democrazia. Intendo farlo in occasione dell’anniversario della Liberazione della nostra città dai nazifascisti avvenuta il 9 novembre 1944 nonostante non sia stato ancora in grado di reperire tutte le informazioni necessarie sulla sua vita. Lo faccio in tre puntate anche per chiedere la collaborazione dei lettori in modo che possano inviarmi notizie su questo personaggio a questo indirizzo di posta elettronica gabriele.zelli@gmail.com

Di don Savelli si sa che nella sua canonica di Casale di Modigliana ospitò in più occasioni il comandante partigiano Sivio Corbari e che costituì con alcuni giovani del posto una Squadra di Azione Patriottica (SAP); una piccola formazione partigiana in analogia a quanto stava avvenendo nelle campagne della nostra Regione e nell’Italia settentrionale a partire dalla fine della primavera del 1944, su iniziativa prevalentemente portata avanti da aderenti al Partito Comunista, allo scopo di mobilitare strati sempre più ampi della popolazione e in particolare i contadini contro i nazifascisti. Tali gruppi svolsero molteplici attività: assistenza ai partigiani in armi, creazione di depositi di armi e di munizioni, protezione di fabbriche, ecc., per lo più di tipo difensivo.   

Don Savelli è ricordato nel libro “Marradi – Luglio 1944. Fucilazioni e combattimenti” di Rodolfo Ridolfi che scrive: “Il 9 luglio 1944 i tedeschi fucilano il partigiano Iandelli e il 10 a Gamogna cadono in combattimento il calciatore partigiano Bruno Neri e Vittorio Bellenghi.
Al sergente partigiano Sergio Iandelli, ventenne, pellettiere fiorentino della 36° Bianconcini, catturato il 9 luglio 1944 seviziato e ucciso dalle SS tedesche, fu dedicata una lapide posta sul muro della strada che conduce a Palazzuolo sul Senio il 23 luglio 1945″.
L’autore ricorda che proprio il 9 luglio 1944 nel Casale di Modigliana, dove si trovava il parroco partigiano don Angelo Savelli, si riunì il battaglione Ravenna, forte di una quarantina di uomini, per prendere posizione fra la banda Corbari e la 36° Brigata Garibaldi Bianconcini. Il comando venne affidato a Vittorio Bellenghi, Nico, ex ufficiale del Regio Esercito ed al suo vice Bruno Neri, nome di battaglia Berni, calciatore che aveva giocato nel Faenza, nella Fiorentina, nel Torino e nella Nazionale italiana. La formazione partigiana si mise in movimento lungo il sentiero del crinale, diretta al Lavane,la sera aveva sorpassato il Torretto e l’indomani avrebbe raggiunto Gamogna.

“La strada fra Marradi e San Benedetto brulicava di tedeschi”, prosegue Ridolfi, “che avevano alle Canove il loro comando retto da un capitano con circa cento militari e molti uomini del luogo, rastrellati forzatamente e costretti ai lavori stradali. I due comandanti, partigiani, Bruno e Vittorio, decisero, con grande imprudenza, di andare da soli in avanscoperta a perlustrare l’area. Quando, nel primo pomeriggio, con le armi in pugno, giunsero al cimitero, vennero sorpresi allo scoperto da una pattuglia tedesca e nello scontro a fuoco furono uccisi. Il parroco, don Angelo Ferrini, cercò di dare ai due giovani una sepoltura dignitosa, ma, come raccontò in una intervista del 1989, dopo aver trasportato, aiutato dal partigiano Vincenzo Lega, i corpi dei due giovani nella cappella del cimitero parrocchiale, si recò in municipio a Marradi a chiedere le bare che gli furono negate con questa motivazione: ‘Non possiamo disporre nulla per dei traditori, per dei partigiani’. Quindi dovettero seppellirli in una fossa comune avvolti nella paglia e nelle frasche. Il giorno successivo don Ferrini durante l’imponente rastrellamento nazista, dopo essere stato apostrofato dai tedeschi ‘Tu pastore badogliano adesso fare Kaput a te e bruciare chiesa’, come racconta Carlo Martelli nel suo libro “Fascismo Antifascismo”, sfuggì per miracolo alla morte grazie all’intercessione, presso i tedeschi, del parroco di Albero, don Vittorio Fabbri”. 
Maggiori notizie su don Savelli sono contenute nei nei due volumi “La guerra nelle mie valli” di Luigi Cesare Bonfante, stampati nel 2006 dalla Tipografia Valgimigli di Faenza, in particolare alla data del 25 aprile 1944 quando l’autore riporta la notizia che “una grossa formazione di aerei da bombardamento angloamericani, mentre sorvola le valli del Tramazzo e del Marzeno ad alta quota è attaccata da un paio di caccia tedeschi. Nello scontro con i caccia di difesa della formazione un caccia tedesco riesce a colpire una fortezza volante, che precipita al di là della parrocchia di Casale, nel versante che scende a Fognano: otto degli occupanti riescono a lanciarsi con il paracadute, mentre altri due restano nell’aereo e finiscono a pezzi. Un altro bombardiere colpito cade a monte dell’abitato di Marzeno, ad Albola di Baccagnano, nella valle del rio Ebola. Al termine dello scontro si contano ben cinque fortezze volanti colpite e precipitate”. Nella zona di Marzeno”, prosegue l’autore, la popolazione assiste alla caduta verso la località Baccagnano di uno dei bombardieri, mentre 4 – 5 aviatori si gettano con il paracadute. In diversi inforcano la bicicletta e raggiungono il luogo ove due aviatori toccano terra. Uno di loro è zoppicante e viene facilmente fermato. Sopraggiungono poi i militi della Guardia Nazionale Repubblicana di Marzeno che prendono in consegna i due americani. Una compagnia tedesca ed unità italiane effettuano un rastrellamento da Brisighella a Modigliana, al fine di rintracciare gli aviatori scesi in zona. Un gruppo di militi, col console Santucci, di Faenza, passa dalla chiesa di Casale di Modigliana, il cui parroco, don Angelo Savelli, fa parte della resistenza. Don Savelli indica ai militari una strada sbagliata, onde consentire ai soldati americani, da lui già rifocillati ed instradati in direzione dei partigiani, di fuggire per la Valle Acerreta. Ma i fascisti perquisiscono chiesa e canonica e trovano un fucile, due pistole Beretta e quattro bombe a mano. Don Savelli viene immediatamente arrestato e, a sera, incarcerato a Forlì”. 
Sempre nei due libri di Bonfante si legge che: “Don Angelo Savelli (don Gino), del 1914, da Ladino (Forlì) venne scarcerato solo il 3 giugno. Alla sua sorte si interessò, pregato dalla madre del sacerdote, il dott. Ellero Mercatali, medico condotto di Modigliana, già segretario del Fascio locale, che si recò personalmente a Forlì. Nell’ottobre 1944, don Savelli attraversò le linee, passò al servizio delle truppe alleate come cappellano partigiano, meritando la medaglia d’argento”. 
Nel prossimo testo si parlerà del rapporto di amicizia che si instaurò fra il prete don Angelo Savelli e l’ebreo Giuseppe Milazzo; un’amicizia che permise ad entrambi di superare momenti difficili dettati dalla situazione determinata dal Secondo conflitto mondiale.

Gabriele Zelli 

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