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Dall’Ingegneria Biomedica di Cesena un contributo alla terapia dei pazienti Covid

Biorespira, il ventilatore polmonare portatile, progettato nel laboratorio di Ingegneria Biomedica del Campus universitario di Cesena

Se oggi è sul mercato un ventilatore polmonare non invasivo e portatile, denominato Biorespira, interamente progettato e realizzato in Italia, concepito a marzo durante la prima emergenza Covid per venire in risposta all’appello di un medico rianimatore della Lombardia, un ringraziamento va fatto anche il laboratorio di Ingegneria Biomedica di Cesena (LIB).

L’azienda che ha raccolto la sfida ed ha creato Biorespira è  IBD (Italian Biomedical Devices) con sede legale a Mantova e operativa a Forlì, co-fondata pochi anni fa dall’ing. Andrea Visotti, laureato a Cesena in ingegneria biomedica. IBD, oltre ad assumere i laureati di tale disciplina, continua a collaborare con l’Università di Bologna per attività di ricerca e didattica.

Il prototipo di Biorespira è stato testato utilizzando le strumentazioni del laboratorio di Ingegneria biomedica di Cesena.

Il Prof. Stefano Severi, docente di Cardiologia computazionale e Ingegneria biomedica per i paesi in via di sviluppo ha portato Biorespira come caso di studio ai suoi studenti durante le lezioni tenute online nel secondo semestre di quest’anno, per aiutarli ad imparare a progettare dispositivi in contesti a risorse scarse (reverse innovation) e renderli partecipi di questa vera propria sfida. Realizzare un dispositivo medico, a partire dall’idea fino ad arrivare alla marcatura CE e alla produzione su larga scala nell’arco di pochi mesi è, infatti, un’impresa non di poco, resa possibile dalla collaborazione fra diversi soggetti.

La produzione e commercializzazione del dispositivo è ad opera dell’azienda partner Seco (importante impresa aretina). Da novembre Biorespira ha ottenuto il marchio CE e si è avviato il processo per l’analoga autorizzazione FDA. Sono già arrivati i primi ordini nazionali ed esteri:  Biorespira, nel frattempo, è stato concesso in uso gratuito a diversi ospedali italiani (tra cui il S. Orsola di Bologna) e alcuni statunitensi.

Si tratta, quindi, di un significativo esempio di integrazione fra Università e aziende del territorio, che risponde efficacemente ad un bisogno concreto dei pazienti, i veri destinatari di qualsiasi progetto nell’ambito della ingegneria biomedica.

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