Le celebrazioni per la Festa della Madonna del Fuoco di quest’anno dovranno sottostare alle disposizioni in atto per contrastare l’emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del virus Covid 19. Quindi niente bancarelle lungo le strade del quadrilatero del nostro centro storico e contingentamento delle presenze in Duomo, dov’è conservata la sacra immagine che nel 1428 scampò all’incendio che si propagò in un edificio dell’attuale via Leone Cobelli, allora destinato a sede scolastica. Anche se in una situazione di pandemia, che non permetterà neppure la presenza in Duomo dei salinari di Cervia che hanno nella Madonna del Fuoco di Forlì la loro protettrice, la Cattedrale vedrà per tutto il giorno una cospicua e incessante presenza di cittadini a rendere omaggio alla patrona. Considerato il giorno festivo in molti approfitteranno per fare una passeggiata in centro dove i negozi saranno aperti, sperando che si osservino le regole dettate dalla lotta contro il virus.
La camminata in centro sia anche l’occasione per ripercorrere le vicende storiche legate al culto della Madonna del Fuoco, che dall’Unità d’Italia in poi sono state molto divisive soprattutto fra coloro che chiedevano la rimozione da piazza Saffi della statua della Beata Vergine, vista come immagine che rappresentava lo Stato Pontificio che per oltre trecento anni aveva amministrato anche la Romagna, e chi si contrapponeva a questa ipotesi con tutte le forze.
Vale allora la pena ricordare una delle tante storie legate a questa disputa. Lo si può fare riportando le “parole pronunciate dal Sindaco di Forlì (il repubblicano Giuseppe Bellini – 1862 – 1932 – che ricoprì la carica di primo cittadino dal 1901 al 1910 e poi dal 1915 al 1919 ndr) nella Seduta Consigliare delli 22 maggio 1905 in ordine alla rimozione della colonna della B.V. del Fuoco dalla piazza Vittorio Emanuele” (alcuni anni dopo la piazza sarà intitolata ad Aurelio Saffi, deceduto nel 1890 all’età di settantuno anni ndr).
Il sindaco Bellini sottopose all’attenzione della massima assise cittadina un aspetto derimente di carattere amministrativo e cioè se il Comune e le sue rappresentanze istituzionali potevano decidere come e quando intervenire sui luoghi pubblici senza interferenze degli organi di controllo. In caso affermativo era logico quindi chiedere al Consiglio comunale di ratificare l’operato della Giunta, che fra l’altro stava portando avanti un progetto per la sistemazione della piazza principale che aveva già avuto più volte il benestare dei consiglieri. Ma lasciamo la parola al sindaco Bellini che così iniziò il suo intervento quel 22 maggio del 1905, intervento che nei giorni successivi fu dato alle stampe presso la locale Topografia Democratica:
“Signori consiglieri,
Nella seduta del 15 corrente il consiglio comunale, con voto unanime, approvava il progetto per la costruzione di una fontana inaugurale nella piazza Vittorio Emanuele. La vostra giunta ritenne conseguenza necessaria della esecuzione di tale progetto, la rimozione della colonna situata nella piazza medesima e che porta la statua della Beata Vergine del fuoco, e nel giorno successivo deliberava: di rimuovere la surricordata colonna; di prevenire mons. vescovo di Forlì, pregandolo di significare in qual luogo sacro desiderasse che fosse trasportata la statua, della quale il municipio gli faceva dono.
Iniziati i lavori, piacque all’autorità tutoria di annullare la nostra deliberazione di giunta, onde noi veniamo al Consiglio per chiedere la facoltà di procedere oltre nei lavori stessi. Senza voler troppo ingrandire la questione, che pure ha la sua importanza, io crederei di rimpicciolirla soffermandomi a dimostrarvi che la nostra deliberazione era perfettamente legale. A noi parve opportuno risolvere rapidamente una tale questione per tagliar corto a recriminazioni, a lamenti, a reclami facilmente prevedibili destituiti di ogni ragionevole fondamento, essendo manifesto che noi agivamo nel pieno esercizio di un nostro incontrastabile diritto. Diritto incontrastabile e così evidente che non ci consente di tener conto delle proteste che ci sono pervenute. Comunque, siamo ben lieti di venire di fronte a voi a chiedere, con la implicita ratifica del nostro operato, un voto esplicito sulla questione. Sta nelle facoltà del Municipio il diritto di rimuovere dalla piazza maggiore la colonna della B.V. del fuoco? E se ciò sta nelle facoltà nostre è opportuno il valersene? La risposta affermativa non può parer dubbia”.
“Per giudizio unanime dei competenti mancano ragioni storiche o d’arte che valgono a consigliare la conservazione di un tale monumento”, sono sempre parole del sindaco Bellini, che proseguì: “La stessa commissione provinciale per la conservazione dei monumenti, nella sua seduta straordinaria del 18 corrente, invitata ad esprimere il suo parere, dichiarò di non aver ragioni da poter opporsi in nome dell’arte e della storia alla remozione. Ma se mancano tali ragioni, ve ne sono forse di convenienza che si desumano da un doveroso rispetto al sentimento altrui?
Non ci parve”.
A questo punto il primo cittadino ricordò ai presenti che “la questione non è nuova e ripetutamente il consiglio comunale ebbe ad occuparsene” e continuò ricordando i vari momenti in cui si era preso in considerazione la questione: “Nella seduta del 4 ottobre 1889, sopra analoga proposta, il Consiglio si divise fra coloro che intendevano di devenire alla immediata remozione della colonna votiva, dando incarico alla Giunta di presentare un progetto di sistemazione della piazza, e coloro che ne volevano sì la remozione, subordinandola però alla preventiva sistemazione della piazza medesima. Non si venne ad alcuna risoluzione concreta, ma, dal confronto dei due ordini del giorno votati, si ha che il Consiglio fu quasi unanime nel concetto della remozione.
Anche nella Giunta di allora la questione fu dibattuta e anche nella Giunta si formarono le due correnti: una per la remozione subordinatamente alla sistemazione della piazza, l’altra aderiva al concetto della remozione ove questa si imponesse dalla necessità di creare nel mezzo della piazza un’opera pubblica destinata a ragioni di pubblica utilità.
Fra coloro che caldeggiarono la risoluzione più semplice e più radicale, c’era l’on. Alessandro Fortis, allora Assessore del Comune (nel maggio del 1905 era Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d’Italia dal precedente 27 marzo ndr). Successivamente nella solenne seduta consigliare dell’11 aprile 1890, deliberandosi doverose onoranze alla memoria di Aurelio Saffi, virtualmente si confermava il concetto di devenire alla remozione della colonna. Onde noi non facciamo che tradurre in atto deliberazione già prese dalle passate amministrazioni, che rispecchiavano principi politici ben diversi da quelli che l’attuale amministrazione professa.
E se da questo posto mi fosse consentito di fare della polemica, osserverei che forse fra i nostri critici d’oggi non manca chi fece plauso al concetto che affermiamo, quando emanava da altre amministrazioni.
Nè basta ancora.
Successivamente fattesi dagli amministratori del Santuario della B.V. del Fuoco pratiche per restaurare la colonna, l’amministrazione della quale era a capo l’avv. Francesco Mambelli, ad ogni idea di restauro si rifiutò. E finalmente, sopra analoga domanda dei medesimi signori per restauri a loro spese, il Consiglio comunale nella seduta del 22 febbraio 1899 passò sulla domanda stessa all’ordine del giorno puro e semplice, temendo con l’accoglierla di vulnerare il concetto che si ribadì di devenire alla remozione”.
A questo punto dell’intervento il sindaco Bellini utilizzò l’arte oratoria che la professione di avvocato gli aveva fatto acquisire. Se tutte le amministrazioni precedenti, argomentò, anche quelle più vicine al mondo cattolico, le più “ortodosse”, avevano detto no ai restauri “allora è doveroso – non potendosi pretendere che quei restauri li facciamo noi – lasciare nella piazza maggiore un qualsiasi monumento in tale abbandono? E – almeno sotto questo punto di vista – la remozione non dovrebbe desiderarsi anche da quelli che oggi se ne dicono offesi? Io non ho la ingenua pretesa di persuadere chi diversamente la pensa in questa questione . Ma sento in me che nemmeno gli avversari mi attribuiscono quanto feci e quanto dico ad odio settario. No, nemmeno gli avversari. Potrò errare, ma a tutti gli atti che compio nella modesta sfera di quel tanto di vita pubblica a cui dovetti per dovere sobbarcarmi, presiede non un sentimento di odio ma un sentimento di amore”.
Verso la fine del suo intervento il sindaco Bellini per maggiormente compattare i consiglieri comunali presenti ricordò che “Non mancò chi pretese di gettarci contro il gran nome di Aurelio saffi. Mai come in questa circostanza interpretammo più fedelmente il pensiero di Lui. Saffi – trascrivo dal verbale della seduta 4 ottobre 1889 – era d’avviso che i luoghi pubblici soggetti alla giurisdizione dei Comuni debbano rivestire un carattere esclusivamente civile e non contenente simboli religiosi: egli era pertanto d’accordo coi proponenti per la remozione della colonna della B.V. del Fuoco, tanto più che quel simbolo – trascrivo ancora – non si associa ad alcun ricordo patrio: solo voleva che la remozione, anche per togliere ogni ombra anche lontana di aggressione a sentimento religioso, fosse subordinata alla proposta di un monumento o di un’altra opera di pubblica utilità, e perciò raccomandava la Giunta di sollecitare il progetto della sistemazione della piazza. A questi concetti liberali civili espressi con tanta autorità dall’uomo di cui non si sa se meglio ammirare l’altezza del pensiero, la purezza dell’animo, la fortezza del carattere, la bontà del cuore; a questi concetti dell’uomo che – come disse di Mazzini il Carducci – tanto amò e non odiò mai, noi facciamo piena adesione”.
Il primo cittadino, Giuseppe Bellini, fece altresì presente che dell’intendimento della Giunta comunale, “che inutilmente si vorrebbe falsare, demmo partecipazione al Vescovo di Forlì con lettera del 15 maggio 1905 che non è forse inutile vi legga” e che ha questo contenuto: ‘Questo Consiglio Comunale, nella sua seduta del 15 corrente, mentre si associava in massima ai concetti esposti dal relatore della Giunta circa la sistemazione della piazza Vittorio Emanuele e i restauri alla chiesa di San Mercuriale con l’isolamento del campanile, e apertura del chiostro, deliberava intanto di dare esecuzione al progetto per la costruzione di una fontana inaugurale nella piazza medesima. E poiché per la esecuzione di tale progetto si rende necessario di rimuovere la colonna che porta la statua della B.V. del Fuoco, La prego di significarmi in quale luogo sacro Ella desideri venga trasportata e a chi consegnata la statua medesima, della quale Municipio fa dono alla Eminenza Vostra’.
Così concluse il sindaco: “È nota la risposta del Mons. Vescovo. Noi non abbiamo diritto di discuterla e sotto un certo punto di vista possiamo perfettamente comprenderla. Così la comprendessero – nella nobile semplicità del linguaggio – i fanatici che si scagliano contro di noi. In questo stato di cose la Giunta si riserva di disporre della statua in quel modo che riterrà più conveniente.
Signori consiglieri, io vi dovevo queste spiegazioni.
Fermo nel nostro pensiero il concetto della deliberazione di Giunta del 16 corrente annullata dall’autorità tutoria e che oggi pertanto non ha più valore; e poiché sta indubbiamente nelle facoltà del Consiglio il diritto di rimuovere la colonna alla cui conservazione non concorrono ragioni né di storia, né di arte, nè di opportunità”.
Fu quindi posto al voto, che ebbe esito unanime, il seguente ordine del giorno:
“Il Consiglio comunale, udita la relazione della Giunta;
Ritenuto che fino dall’anno 1889, il Consiglio Comunale si mostrò concorde nel concetto di rimuovere la colonna della B.V. del Fuoco della piazza Vittorio Emanuele, essendo sorta divergenza unicamente sul modo e tempo di dare esecuzione a siffatto provvedimento;
Ritenuto che il Consiglio stesso, nella solenne seduta dell’11 aprile 1890, avvenuta la morte di Aurelio Saffi, deliberava di erigere un monumento alla memoria di lui nella piazza Vittorio Emanuele;
Ritenuto che nella seduta del 22 febbraio 1899 il Consiglio, respingendo la domanda degli amministratori del Santuario della B.V. del Fuoco per restaurare a proprie spese la colonna surricordata, vieniva a confermare ancora una volta il proposito di rimuoverla;
Ritenuto che nessuna ragione d’ordine artistico storico potrebbe consigliare la conservazione di detta colonna;
Udito il parere favorevole della Commissione conservatrice dei monumenti;
Visto il progetto tecnico relativo alla siffatta rimozione che importa una spesa di L. 896.40, alla quale si provvederà con fondo delle impreviste;
Delibera
di approvare la proposta della Giunta di rimuovere la colonna della B.V. del Fuoco dalla piazza Vittorio Emanuele con le cautele suggerite dalla Commissione suddetta e di sostenere la relativa spesa coi fondi delle impreviste”
Nonostante questo unanime impegno del sindaco, degli assessori e dei consiglieri la colonna e la statua della Madonna del Fuoco rimasero al loro posto per altri quattro anni quando fu danneggiata da manifestanti scesi in piazza per protestare contro l’uccisione dell’anarchico e libero pensatore spagnolo Francisco Ferrer Guardia (1859 – 1909), dopo un processo farsa da parte di un tribunale militare, accusato di aver sobillato la popolazione a ribellarsi contro la dichiarazione della legge marziale e alla partenza dei giovani militari di leva che venivano inviati a combattere nelle guerre coloniali in Africa. Ma queste sono altre storie!
Gabriele Zelli
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