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La regina del Nürburgring

Jacopo Rinaldini traccia un ricordo di Sabine Schmitz

CESENA. La pilota tedesca Sabine Schmitz è morta: aveva 51 anni. Conosciuta come in pista come “Queen of the Nurburgring”, Schmitz è diventata famosa anche per il suo ruolo nello showTop Gear della BBC, dove è apparsa per la prima volta nel 2004. Ne traccia un ricordo Jacopo Rinaldini nella sua rubrica.

La nebbia ad Adenau (Germania) s’insinua perfino dietro alle palpebre: è appiccicosa, asettica, lattiginosa. Ristagna un poco sulla pupilla e poi, in modo del tutto repentino, si liquefa, scendendo lungo le guance. 

Non sono lacrime vere e proprie, eppure pare che tutti, da quelle parti, piangono senza motivo, quasi vi fosse un’ondata di depressione collettiva. I pini, i quali punteggiano le colline che abbracciano il manipolo di case dal tetto a punta, vibrano e allungano i rami verso il cielo basso e grigio. 

Quest’oggi, però, le lacrime sono salate, reali ed evaporano come benzina al sole. I fili d’erba che danzano ai bordi del tracciato più emozionante del mondo, il Nürburgring, masticano antiche geremiadi dolorose, perché i piloti che hanno impresso il loro nome di fuoco nella storia motoristica sono tutt’uno con quel luogo metafisico e lontano da ogni categoria razionale. Allorché uno di loro viene a mancare l’armonia si incrina, lo specchio si rompe e si fa silenzio. 

Ventitré chilometri che squarciano la pelle, un corridoio d’asfalto che penetra nel mondo della luce; i fari illuminano l’anima. Quando si corre al Nordschleife si fanno i conti con Dio ad ogni curva. 

La Porsche Gt3 di Sabine Schmitz è parcheggiata da qualche parte in chissà quale garage di Adenau. 

La creatura di Stoccarda non correrà più. Il motore, al riparo dalle orecchie degli uomini, borbotta mesto: Sabine non c’è più. 

La prima donna vincitrice della 24 Ore del Nürburgring, anno 1996, ha chiuso gli occhi sotto al peso di una stolida malattia, la quale non ha mai cessato di martoriare, dal 2017, la pilota professionista. 

Il mondo delle automobili appartiene a chi lo sa amare: il sesso è un dettaglio. Il casco di Sabine brilla come una stella del firmamento: i suoi capelli color oro sono raggi di un sole, quello della passione, che mai smetterà di ardere. E’ una donna, per l’appunto. Le sue mani aggrappate al volante celano la voglia di essere se stessi, la brama di una libertà che corre a trecento chilometri orari e non conosce rivale. 

Il Nürburgring era la dimora della “Regina”. Ogni singola curva, una stanza del suo maniero. Quel pezzo di Germania era come Versailles per Sabine. Un tempio per ogni appassionato. Al di là delle apparizioni all’interno del programma  televisivo “Top Gear”, targato BBC, in cui ha palesato una superiorità femminile manifesta, sono le vittorie nelle competizioni a consacrarla nella “Hall of Fame” dell’automobilismo. 

Sabine è l’anello di congiunzione tra il passato e il presente; la sua espressione è l’istantanea di chi ha raggiunto il sogno e ha sentito i profumi dell’Olimpo. 

Sostengono che si sia spenta a cinquantuno anni. No, Sabine non ha età. Sabine sarà per sempre la ragazzina che correva nell’”Inferno Verde” con l’auto di famiglia; la stessa ragazzina che con le sue imprese motoristiche ha mutato radicalmente l’immagine della donna nel “motorsport”. Il motore, quando al volante vi era la Schmitz, era come una grande orchestra filarmonica e lei ne era la direttrice. 

La eco di quelle melodie non svanirà mai dal circuito tedesco: essa canta la vittoria di una donna, che ha sconfitto gli uomini laddove costoro si ritenevano imbattibili.

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