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Il Santuario della Madonna del Lago: visitato da Pio IX nel 1857

Itinerari per il dopo pandemia. Settima tappa

“Nel cuore della Romagna: Bertinoro e il Santuario della Madonna del Lago” è il titolo di un prezioso libro curato da don Giovanni Alessandrini con la collaborazione di Barbara Alessandrini, edito negli anni ’90 dalla Cassa Rurale ed Artigiana di Forlimpopoli. Il volume mi fu consegnato, in occasione della presentazione, da Angelo Zambianchi (1935 – 2019), all’epoca presidente dell’istituto di credito che aveva sostenuto le spese di stampa. Zambianchi, già mio insegnante di matematica all’Istituto Tecnico Industriale Statale “Guglielmo Marconi”, espresse un sincero compiacimento per l’operato della banca e per il lavoro degli autori. Ancora oggi la pubblicazione rimane un documento unico per capire l’importanza del santuario, dell’immagine mariana che conserva e del territorio attiguo, compresa la città di Bertinoro. Gran parte del contenuto, da cui sono tratte le notizie sotto riportate, è stato inserito nel sito m.santuariomadonnadellago.it; iniziativa questa decisamente meritoria. Sul santuario sono stati effettuati ulteriori interventi, commissionati dall’allora parroco, mons. Elvezio Pagliacci, che sono terminati nel 2010 restituendo splendore al luogo di culto, in particolare alla facciata, al portone d’ingresso, alla parte interna, che è stata tinteggiata dopo la sostituzione dell’impianto elettrico. Nell’occasione è stata ripulita l’icona mariana.
In base agli studi effettuati è certificato che nei pressi del luogo dove sorge il santuario c’era fino al Settecento un lago, poi prosciugato, la cui esistenza spiega l’origine della denominazione della località che si è con­servata fino ai nostri giorni. A questa zona è legata la figura di San Ruffillo (IV – V secolo), nel 330 primo vescovo di For­limpopoli, che, secondo la leggenda, liberò il territorio circostante da un drago ed al quale apparve la Vergine sulle acque dello specchio d’acqua. Nella realtà è molto più probabile che il prelato abbia consentito l’avvio di importanti lavori di bonifica di quel territorio che si presentava acquitrinoso e paludoso, tant’è che ancora oggi l’area agricola circostante non è particolarmente produttiva come invece lo sono zone limitrofe. 


La fondazione del santuario invece è legata ad una bella immagine della Madonna dipinta su tela aderente ad una tavola di quercia, di provenienza orientale; la stessa immagine che ancor oggi si conserva nella chiesa. Secondo la narrazione tradizionale l’icona bizantina sarebbe stata tratta in salvo da un rogo durante la lotta iconoclasta (la parte inferiore della tavola presenta ampie bruciature) e un monaco camaldolese la portò nella badia di Urano, oggi non più esistente ma fin dal X secolo un edificio religioso molto importante ubicato nel territorio di Bertinoro. Si racconta che qualche tempo dopo la tavola scomparve dalla badia e la mattina seguente fu ritrovata sulle acque del lago dove secoli prima era apparsa la Vergine a San Ruffillo; riportata ad Urano per altre due volte si ripeté una situazione analoga. Fu così che gli abitanti della zona costruirono una piccola cappella per il culto della Vergine nei pressi del bacino d’acqua.Le prime notizie sull’esistenza di una chiesa del Lago sono contenute nel volume “Historia di Forlimpopoli con varie revolutioni dell’altre città di Romagna” di Matteo Vecchiazzani (1568 – 1674), pubblicato nel 1647. L’autore, che fu segretario comunale di Forlimpopoli e amministratore delle maggiori comunità religiose cittadine, annota che nel novembre del 1181 il vescovo concesse la chiesa ai frati camaldolesi, nella persona di Don Placido, tredicesimo priore dell’Ordine.
In una lapide settecentesca, collocata all’interno dell’attuale edificio, è scritto che la costru­zione avvene nel 1262. Emilio Rosetti (1839 – 1908), che ebbe successo in Argentina come insegnante e progettista in campo edilizio e ferroviario (si deve a lui la realizzazione della Ferrovia transandina lunga oltre 1.400 chilometri che univa il Cile all’Argentina ndr), quando rientrò in Italia si dedicò allo studio della storia del nostro territorio e diede alle stampe un libro fondamentale: “La Romagna. Geografia e storia”. In questo volume scrive che la chiesa in questione fu “fabbricata e consacrata nel 1279 da Ravaldino, vescovo di Forlimpopoli, per riporvi un’antica imma­gine della Madonna, già in onore in un vicino oratorio”. È comunque certo che alla metà del 1200 circa l’immagine fu traspor­tata dalla badia di Urano (il “vicino oratorio”) nella chiesa del Lago e che nel 1279 ci fu la consacrazione del santuario la domenica dopo l’A­scensione e da allora in questa giornata si celebra la festa della Madonna.
La costruzione del santuario viene collocata da qualcuno tra i secoli XI e XII. Altri la fanno risalire al secolo XIII, altri ancora addirittura al XIV secolo. Il 3 giugno 1857 il santuario ebbe il privilegio della visita di papa Pio IX (1792 – 1878) durante il suo viaggio nello Stato Pontificio. 
Nel 1705 l’immagine venne solennemente incoronata per concessione del Capitolo Vaticano e nel 1793 la Sacra Congregazione dei Riti le convalidò il titolo di principale patrona della città di Bertinoro ampliato nel 1935 a tutta la Diocesi di Forlì-Bertinoro. 
I monaci camaldolesi, che ebbero il possesso della chiesa fino all’inizio dell’Ottocento, apportarono al complesso diversi ampliamenti e modifiche che ne hanno trasformato completamente l’aspetto originario con l’abside orientata ad est, come tutte le prime chiese cristiane, quindi alla sinistra di quella attuale. L’aspetto odierno è però legato al periodo settecentesco, quando in due momenti diversi (1702 – 1714 e 1761 – 1796) furono eseguiti i lavori più importanti di risistemazione e abbelli­mento.
Antonio Corbara (1909 – 1984), uno dei maggiori studiosi italiani d’arte, considerato il carattere barocchetto delle decorazioni, sostenne che la chiesa, nel suo insieme, ha un aspetto quasi di moschea o di chiesa bizantina orientale, con la pianta a croce greca, con tre navate ed archi che appoggiano su quattro pilastri e otto colonne laterali.
La zona presbiteriale è coperta da una cupola, ornata da una bella de­corazione e stucchi, divisa in quattro scomparti all’inizio di ciascuno dei quali sta seduto un angelo. In ogni scom­parto sono raffigurati degli angeli in volo fra nubi; in uno di essi gli angeli circondano l’Assunta ed in un altro un Santo con un libro in mano. Questi stucchi furono eseguiti dalla bottega dei fratelli Martinetti, originari di Lugano ma attivissimi in Romagna nella seconda metà del ‘700, che realizzarono anche gli stucchi che ornano la chiesa di Sant’Antonio a Civitella di Romagna.
Sempre nella zona dell’altare maggiore, ai suoi lati, la stessa bottega eseguì due pannelli a bassorilievo che narrano due episodi di cui è prota­gonista la Madonna del Lago: in uno si vede la Vergine in mezzo a due file di prelati; nell’altro è rappresentato il leggendario salvataggio dal rogo iconoclasta.
In un sacello dietro l’altare è conservata l’immagine di stile orientale, un’icona bizantina, anche se nulla si sa di preciso circa il modo in cui giunse dall’Oriente, dipinta su tela e aderente ad una tavola di legno che rappresenta la Madonna in trono con il bambino Gesù. I volti della Madre e del Bambino sono vicini secondo l’iconografia bizantina dell’Eleùsa: ai due lati dell’immagine si leggono le sigle greche “MP-OV” (Madre di dio). L’icona misura oltre un metro di altezza ma di essa è visibile solo la parte superiore perché quella inferiore è coperta da una lamina d’argento, opera artigianale del 1741.


Dopo i Camaldolesi il complesso passò poi al clero diocesano e nel 1884 ai missionari del Preziosissimo Sangue di San Gaspare del Bufalo che lo ressero fino al 1938.
Com’è noto il culto della Madonna del Lago si è conservato molto vivo nel tempo fra gli abitanti del Lago, di tutta Bertinoro e delle zone circostanti. Nel corso dei secoli l’immagine è stata ri­prodotta e rielaborata da pittori oltre che da ceramisti della scuola faentina, mentre piccole ceramiche che la riproducono sono collocate ancor oggi un po’ dovunque nel territorio circostante, dalle abitazioni private (fino a non molto tempo fa la maggior parte delle case di Bertinoro conservava una di quelle terrecotte murata sulla porta di ingres­so) alla torre civica, che ne accoglie la statua in una nicchia, alle stele votive sparse lungo le strade.
Nel 1636 per la prima volta l’immagine della Madonna fu trasportata solennemente con partecipazione del clero e della popolazione dal santuario alla cattedrale di Bertinoro. Da allora i “trasporti solenni” sono regi­strati nella storia del santuario e della città di Bertinoro: se ne contano una ventina in occasione di calamità, soprattutto terremoti, per avere la protezione della Vergine, oppure per ringraziare di grazie ricevute. 
Anche in questo caso, una volta visitata la chiesa, si può approfittare per fare una salutare camminata nelle zone circostanti, oppure salire a Bertinoro o spostarsi a Forlimpopoli, due città della Romagna che hanno tutte le caratteristiche per essere valorizzate anche dal punto di vista turistico. Per quanto riguarda l’enogastronomia molto si sta già facendo attraverso Casa Artusi, l’Istituto Alberghiero “Pellegrino Artusi”, il Consorzio Vini e non solo. Una parte importante è in capo ai ristoranti e agli agriturismi locali che possono essere la tappa finale dell’escursione.  

Gabriele Zelli 

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