Nove lustri fa iniziavo la mia carriera. Anche allora era domenica
CESENA. E’ sempre difficile scrivere di se stessi. Ed è anche imbarazzante. E’ la prima volta (forse l’ultima) che lo faccio, ma certe ricorrenze meritano di essere celebrate. E i 45 anni anni di professione giornalistica credo possano essere una di quelle.
Ci sono momenti che possono cambiare la vita di una persona. A me successe all’inizio del mese di maggio del 1976. Poco meno che 19enne, non avevo mai pensato di fare il giornalista. Un mestiere che mi affascinava, ma che vedevo come un lavoro inarrivabile. Al di fuori delle mie possibilità. Quel giorno ero in auto e ascoltando la neonata Radio Cesena sentì che cercavano collaboratori per la redazione sportiva. Fu una sorta di fulminazione sulla via Damasco. “Perché no” dissi tra me e me e andai a propormi.
Debuttai il 16 maggio, anche quell’anno era domenica. Era il giorno della morte di Paolo Tordi e andai in diretta per tracciare un ricordo del centauro cesenate. A quel punto il dado era tratto. Non fu facile. Avevo evidenti limiti sia di dizione che professionali. Una volta, a inizio estate, dopo una “sfortunata” lettura del radiogiornale, ci fu un ascoltatore che telefonò per “invitarmi” ad andare a fare la corsa nei sacchi. Non mi scoraggiai e, grazie alla benevolenza dell’editore, andai avanti. Era iniziata la mia carriera. In 45 anni ho lavorato per tutti i mezzi: radio, tivù, stampa (periodica e quotidiana) e web. A diversi livelli mi sono occupato, in particolare, di sport, cronaca nera e giudiziaria, politica ed economia lavorando in tutte le zone della Romagna, terra dalla quale non mi sono mai voluto staccare. Di errori ne ho fatti tanti e non mi sono mai considerato un cavaliere senza macchia.
In nove lustri mi sono formato a livello professionale, ma anche caratteriale. Della timidezza iniziale non c’è più traccia. O, per lo meno, ora la maschero bene, anche se poi è sempre con me. Nonostante abbia ricoperto anche ruoli apicali non ho mai amato quello del numero uno. un timido non può essere un leader. Non a caso non lo ho mai cercato, ritenendo che si potesse essere felici anche valorizzando quello che si ha anche se debba trattarsi di un ruolo apparentemente secondario. In questo lungo periodo ho visto cambiare il modo di proporre le notizie. Le emittenti private prima e (soprattutto) il web poi, hanno messo in difficoltà la carta stampata. Però, per quanto mi riguarda, non è mai cambiato il modo di fare questo lavoro. Un giornalista innanzitutto deve essere bravo a trovare le notizie. In particolare quelle riservate. Per averle serve essere credibile, che è molto più che tutelare la fonte. E’ fondamentale l’onestà intellettuale, quindi vanno evitate le promesse che non possono essere rispettate. Poi mi sono sempre attenuto alla convinzione che il cronista non debba fare copia incolla, ma avere una linea. Muoversi in base alle proprie idee. Questo non vuol dire censurare qualcuno, soprattutto chi la pensa in modo contrario. Però è fondamentale portare avanti sempre la propria linea sapendo che non si può accontentare tutti. Una posizione ondivaga difficilmente sarebbe accettata dai lettori che restano l’unico giudice.
Futuro. Continuerò a scrivere. Ho provato a smettere, ma senza riuscirci. Ma mi occuperò solo di temi che mi piacciono e mi interessano. Da tempo ho detto addio alla cronaca, adesso mi sto allontanando dalla stretta attualità. Non mi interessano i like, non mi dispiacciono, ma non li cerco, e ho smesso di preoccuparmi del consenso. Non sono come Guccini che, ne “L’avvelenata”, cantava: non comprate i miei dischi e sputatemi addosso. L’apprezzamento è sempre gradito, ma non può essere “merce di scambio”. In maggio uscirà il mio romanzo: Inferno e paradiso. Mi piacerebbe scrivere altri libri, vorrei continuare l’esperienza nel direttivo dell’associazione stampa (carica elettiva) e proseguire a far parte dello staff di “A Treb” programma quotidiano in onda su Videoregione dove ho trovato degli straordinari compagni di viaggio.
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