COTIGNOLA. Venerdì 4 giugno dalle 15 alle 20, con apertura estesa anche sabato 5 e domenica 6 giugno, presso il Museo Civico Luigi Varoli (Palazzo Sforza, corso Sforza 21) e l’Ex Ospedale Testi (via Roma 8) di Cotignola (Ravenna), inaugura la mostra “Inventario Varoli – della copia e dell’ombra”.
Un progetto di Massimiliano Fabbri, una vasta raccolta di oggetti e sculture provenienti dalla casa-studio del Maestro cotignolese del primo Novecento (oltre trecento pezzi, tra cartapeste, sculture, disegni, libri, fotografie, reperti) in dialogo con opere e interventi inediti di 59 artisti contemporanei, tra cui Angelo Bellobono, Mirko Baricchi, Giovanni Blanco, Jacopo Casadei, Valentina D’Accardi, Giulia Dall’Olio, Elena Hamerski, Andrea Grotto, Beatrice Meoni, Matteo Nuti, Stefano W. Pasquini, Luca Piovaccari, Massimo Pulini, Chris Rocchegiani, Giulio Saverio Rossi, Alessandro Saturno, Thomas Scalco, Silvia Vendramel e altri.
“Inventario Varoli – della copia e dell’ombra” si articola in tre sezioni distribuite su due spazi espositivi: a Palazzo Sforza la collezione Varoli e le opere degli artisti prodotte dentro al Museo; all’Ex Ospedale Testi, i disegni e i dipinti realizzati negli studi degli artisti guardando alle collezioni del Museo e alle sue memorie da lontano. Il progetto è l’esito di un lungo percorso di studio e di confronto tra gli artisti e la collezione del Museo Varoli, che raccoglie la straordinaria collezione di Luigi Varoli, artista, uomo “Giusto”, educatore, conservatore appassionato e collezionista di mirabilia.
Tra luglio e ottobre 2020, dentro e intorno alla mostra-deposito “Inventario Varoli”, aperta a fine maggio dello stesso anno, il Museo ha organizzato una serie di incontri in cui piccoli gruppi di artisti si sono trovati e confrontati, per alcuni giorni, con i pezzi sparsi, i frammenti, i particolari e i dettagli tratti da questo archivio e foresta di memorie, presenze e fantasmi. Un tentativo di orientamento affidato principalmente al disegno e alla pittura, anche dal vero, traduzione imperfetta e restituzione di modi di vedere che ha trasformato gli spazi, le sale e il giardino del museo in una sorta di studio collettivo.
Ciò che è stato prodotto in queste giornate di lavoro ha contribuito a comporre una mostra in divenire, allestita collettivamente ogni volta al termine di ciascuna sessione ed episodio, che rappresenta un vero e proprio doppio, riflesso, espansione ed eco di quanto esposto al piano terra di Palazzo Sforza. Da dicembre a gennaio poi, con la chiusura imposta dai nuovi Dpcm, è stato il Museo a entrare negli studi degli artisti, innescando un movimento inverso, un secondo sguardo sulle proprie collezioni e patrimonio, a partire da una campagna e galleria fotografica realizzata appositamente durante il mese di novembre e resa disponibile online sul sito www.museovaroli.it. Un’iniziativa che ha permesso di continuare a invitare altri autori, seppur da remoto, ed espandere e ramificare ulteriormente il progetto. Sono stati coinvolti un totale di cinquantanove artisti, compresi i tre fotografi che hanno mappato le cose, le presenze e gli allestimenti.
Ora, con l’apertura definitiva di questa mostra che chiude un percorso di lavoro di quasi un anno, anche il corpo di opere prodotte a distanza è finalmente visibile, aggiungendosi a quelle realizzate sul posto e già presenti a Palazzo Sforza insieme all’archivio Varoli.
Accompagna la mostra un libro a cura di Marilena Benini, catalogo che rappresenta anche, a tutti gli effetti, l’ultima pubblicazione, la quindicesima, del progetto Selvatico.
Questo post è stato letto 151 volte