RAVENNA. Sabato 12 giugno, alle 21.30, la Rocca Brancaleone accoglie l’omaggio al compositore.
Quando, alla fine del 1917, Stravinskij sedette al pianoforte per presentare a Diaghilev lo spartito delle sue Noces, era stato a Napoli pochi mesi prima, insieme a Picasso… certo mai avrebbe immaginato che in quella stessa città, oltre un secolo più tardi, sarebbe stata concepita una vera e propria traduzione del proprio lavoro: Les Noces ovvero Lo ‘Ngaudio, per soli, coro, 4 pianoforti e percussioni – stessa partitura e stesso testo, ma sostituendo al russo il dialetto garganico – non poteva che essere realizzata da Roberto De Simone, compositore, regista teatrale, studioso dell’espressività popolare nel Sud del nostro paese, capace di intrecciare la musicologia più alta con la ricerca etnologica e mentore della leggendaria Nuova Compagnia di Canto Popolare. È questo il cuore del primo degli omaggi che Ravenna Festival, sabato 12 giugno alle 21.30 alla Rocca Brancaleone, dedica al 50° anniversario della morte del compositore russo. A completare il programma, eseguito da un composito organico diretto da Marcello Panni, due capolavori del repertorio contemporaneo: Psychopompos per 6 putipù e marimba di Giorgio Battistelli e Quartet per 2 pianoforti e 2 vibrafoni di Steve Reich.
Se le voci a cui sarà affidata l’intonazione dello ‘Ngaudio saranno quelle di Orietta Manente (soprano), Antonella Capurso (mezzosoprano), Francesco Toma (tenore) e Andrea D’Amelio (basso) con il coro da camera Ready-Made Ensemble preparato da Giuliano Mazzini, il versante strumentale sarà costituito dall’ensemble di percussioni Ars Ludi (Antonio Caggiano, Rodolfo Rossi, Gianluca Ruggeri, Tiziano Capponi, Riccardo Zelinotti, Filippo Sinibaldi) con i pianisti Monaldo Braconi, Marco Marzocchi, Stefano Micheletti, Leone Francesco Carlo.
“Dell’opera – spiega Roberto De Simone, classe 1933 – conoscevo le catene fonetiche, le rime, le allitterazioni, le frasi idiomatiche… il lampo mi colse d’improvviso, notando una profonda affinità tra Le Nozze e i canti popolari del Gargano che avevo raccolto a a Carpino, a Monte Sant’Angelo, a San Marco in Lamis, a Rodi Garganico e in altri paesi della zona. Ora mi si palesavano le coincidenze fonetiche tra quei canti eseguiti sulle anomale armonie delle chitarre battenti e gli agglomerati pianistici di Igor’, magari riferiti a immaginarie corde di balalaiche. Ne ero sufficientemente convinto: occorreva trasporre il russo in un testo fonetico in lingua garganica, che avrebbe potuto ridare sonorità e significato rituale e religioso all’opera, avvicinandola alla sensibilità del nostro immaginario fonetico, in cui si invocano San Michele, la Vergine Maria, gli Apostoli, parimenti come a Mosca, a Kiev e nelle aree slave.”
Non è la prima volta che il maestro napoletano si misura con l’opera di Stravinskij nel meccanismo della traduzione, ma delle Noces – pensato per il balletto che debuttò a Parigi nel 1923 con la compagnia di Diaghilev – è l’elemento più rituale, quello che si sostanzia del puro suono della parola intonata ad attrarlo, al di là del dato folkloristico che non interessava particolarmente neppure al compositore russo. Così, pur assecondando senso e significato verbali, De Simone cerca di esaltare il suono, il singolo fonema che emerge quasi in forma di mantra. L’opera illustra in quattro quadri le fasi del rito nuziale: prima le usanze a casa della sposa, poi quelle a casa dello sposo, il momento della benedizione e quello del banchetto nuziale che si chiude quando gli sposi vengono accompagnati alla stanza nuziale.
Un forte richiamo al mondo popolare del sud si ritrova in Psychopompos composto da Giorgio Battistelli nel 1988, che nel titolo richiama la figura mitica che accompagna le anime dal regno dei vivi a quello dei morti e si affida a sei tamburi a frizione di diverse dimensioni, una xilomarimba e un basso marimba. In particolare, il tamburo detto “putipù” è tipico di tutta la zona di Napoli, strumento arcaico da cui emergono le voci di un invisibile coro di anime e che meglio incarna l’idea della dualità – “uno strumento ermafrodito, ne dice Battistelli, il preferito da Pulcinella, la più antica maschera della commedia dell’arte, sfrontato e allegro ma vestito dei colori della morte: costume bianco e maschera nera”.
Quartet, quartetto non per archi ma per due pianoforti e due vibrafoni, è invece uno dei brani più complessi composti da Steve Reich, caratterizzato da frequenti cambi di tonalità, interruzioni della continuità, pause, riprese di materiale nuovo – se le singole parti non sono eccessivamente difficili, il brano richiede un altissimo virtuosismo d’insieme.
Info e prevendite: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: posto unico numerato 20 Euro, under 18 5 Euro. L’appuntamento è in diretta streaming su ravennafestival.live
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