RAVENNA. Sabato 26 giugno, alle 21.30 alla Rocca Brancaleone, con musiche originali di John Hodian.
Che suono produce, oggi, una terra antichissima, intessuta di reminiscenze bibliche e cime innevate, terra dispersa nel vento della diaspora? Per il compositore e pianista John Hodian il punto di partenza è rappresentato dalla tradizione armena e dagli strumenti che le appartengono – il dhol, l’oud, i flauti shvi e blul, il duduk – ma il tragitto attraversa il post-minimalismo contemporaneo, il jazz, il rock. La meta? Lo scopriremo sabato 26 giugno, alle 21.30 alla Rocca Brancaleone, quando il Naghash Ensemble sarà ospite di Ravenna Festival, che proprio quest’anno volerà a Erevan per Le vie dell’Amicizia. Guidato dallo stesso Hodian, autore delle musiche, il Naghash Ensemble propone brani ispirati ad antichi poemi, meditazioni sul rapporto con la divinità secondo la prospettiva di un sacerdote e artista del XV secolo costretto all’esilio. Così nel terzo millennio il suono dell’Armenia, canto troppo spesso inascoltato, trova nuova linfa in quella Ravenna che è storicamente e sentimentalmente una porta schiusa verso Oriente.
Domenica 27, alle 11.30, le tre voci dell’ensemble (due soprani e un contralto) accompagneranno la Messa nella tradizione armena presso la Basilica di Sant’Agata Maggiore, ultimo appuntamento del ciclo di liturgie In templo Domini, che anche quest’anno unisce musica e devozione nelle basiliche cittadine.
“Folk o classica? Etnica o cosmopolita? Antica o moderna? Mi trovo in difficoltà a descrivere la musica del Naghash Ensemble – ammette John Hodian, cresciuto nella comunità armena di Philadelphia, – è il prodotto naturale di chi è cresciuto ascoltando solo musica armena in casa, in chiesa, a matrimoni e funerali; ha studiato la musica classica europea, si è guadagnato da vivere come improvvisatore jazz, è stato profondamente influenzato dal minimalismo di compositori come Philip Glass e Steve Reich e, come tutti noi, è costantemente circondato dalla musica rock, dal pop, dal funk. Non cerco consciamente di suonare ‘armeno’. Stravinskij diceva che i cattivi compositori prendono in prestito, quelli buoni rubano: questo perché il prestito dà origine solo a dei pastiche superficiali, ma se qualcosa diventa parte di te, se vai nel profondo delle cose è un altro discorso…tutte quelle influenze, così come l’Armenia, fanno parte di me.”
Fonte d’ispirazione del progetto di John Hodian è il poeta medievale armeno Mkrtich Naghash, arcivescovo di Diarbekr. Ammirato dai propri contemporanei per la sapienza teologica, artistica e diplomatica, Naghash costruì una chiesa il cui campanile superava in altezza i minareti della città. Proprio come nel mito di Babele, l’aspirazione a raggiungere il cielo determinò la caduta: condannato a una vita d’esilio, Naghash trascorse il resto dei propri giorni scrivendo delle proprie sfortune. Le origini dell’ensemble si possono tracciare invece all’occasione in cui Hodian udì il soprano Hasmik Baghdasaryan cantare musica sacra armena nell’antico tempio greco-romano di Garni e, affascinato dalla sua voce e dall’acustica del luogo, si ripromise di scrivere musica che potesse utilizzare quel suono in modo nuovo.
Oltre a Baghdasaryan, l’ensemble può contare su altre due brillanti vocalist, il soprano Tatevik Movsesyan e il contralto Arpine Ter-Petrosyan. Mentre Hodian stesso siede al pianoforte, i virtuosi Tigran Hovhannisyan, Aram Nikoghosyan e Emmanuel Hovhannisyan suonano, rispettivamente, la percussione dhol, il cordofono oud, i flauti shvi e blul e il duduk. Quest’ultimo è un aerofono che, secondo l’etnomusicologo Jonathan McCollum, è l’unico vero strumento armeno sopravvissuto attraverso i secoli e ciò ne fa un simbolo dell’identità nazionale; la più importante caratteristica del duduk è la sua abilità nell’esprimere la dialettica e l’umore della lingua armena.
John Hodian si è formato come compositore e direttore al Philadelphia College for the Performing Arts e poi al Naropa Institute del Colorado, dove ha studiato piano e improvvisazione con Art Lande e Ralph Towner, nonché letteratura e poesia con Allen Ginsberg e William Burroughs. Sempre a Philadelphia ha iniziato la propria carriera nell’ambito della musica per il cinema e la televisione, vincendo anche il New York Emmy Award per la miglior musica per un documentario, e nel 1990 ha fondato la Epiphany Records. Con il Naghash Ensemble, creato nel 2010, è stato in tour in tutta Europa; Rolling Stone ne ha descritto i concerti come “un momento di grazia e meditazione”. È stato invece lo stesso Tigran Mansurian, oggi il maggiore compositore armeno e l’autore del Purgatorio che debutterà a Erevan con la direzione di Riccardo Muti, a definire quello del Naghash “il suono dell’antica Armenia reinventato per il XXI secolo”.
Info: 0544 249244 – www.ravennafestival.org
Biglietti: posto unico numerato 20 Euro, under 18 5 Euro
L’appuntamento sarà in streaming su ravennafestival.live
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