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Padre-padrone vade retro

Tutti sono utili, nessuno è indispensabile

CESENA. Non mi è mai piaciuto l’uomo forte, quindi non posso condividere la filosofia del padre-padrone. Un’avversione giustificata da tutta una serie di motivi. Il principale è la democrazia, sostantivo sempre sulla bocca di tutti, ma che vale soprattutto quando riguarda gli altri. Il problema è che chi ha in mano il potere fatica a mollarlo. Invece è fondamentale garantire il ricambio. Questo vale sia le strutture pubbliche che per le aziende private.

In questo senso va apprezzata la legge dei due mandati per i sindaci. Naturalmente partendo dal presupposto che ricambio non significa oblio. Volendo si può continuare a fare la propria parte anche per poter mettere a servizio della comunità la propria esperienza. Però serve intelligenza. Perché è fondamentale non essere invasivi. Cosa non subito facile. Il rispetto dei ruoli è uno sport difficile di per se stesso, figuriamoci per un ex. E’ arduo resistere alla voglia di poter dire la propria opinione quando in ballo c’è la gestione di quella che è ritenuta una propria creatura.

Non ci si rende conto che però, così facendo, si creano solo problemi e confusione. Del resto è forte la tentazione di voler cercare di dare continuità alla propria linea, ma il nuovo responsabile va lasciato lavorare in tranquillità. Eventualmente dovrà essere lui a chiedere consigli. 

Inoltre va considerato che il ricambio è fondamentale. A tutti i livelli. Perché tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Ma, soprattutto, perché a lungo andare anche il più bravo perde quell’energia propulsiva necessaria in qualsiasi struttura, pubblica o privata che sia. Anche se col passare del tempo è sempre più difficile farlo, chi ricopre ruoli apicali deve mettersi continuamente in gioco. Per la verità dovrebbero farlo tutti, ma per i vertici è fondamentale. Il rischio è la paralisi. Per tutta una serie motivi. Uno è senza dubbio la squadra di governo. Chi è chiamato a gestire si circonda di persone fidate che, logicamente, la pensano come il numero uno. Il problema, a lungo andare, è una sorta di pensiero unico. Non perché ci sia una volontà egemonica, ma perché senza un adeguato rinnovo si rischia una sorta di appiattimento culturale. Si finisce per guardarsi l’ombelico e parlarsi addosso.

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