Imagine è molto più di un inno contro la guerra. Il brano di John Lennon porta a fare tantissime riflessioni
CESENA. Imagine di John Lennon ha compiuto 50 anni. È uno straordinario inno contro la guerra. Il leggendario musicista immagina un mondo migliore, dove non ci siano più guerre ma solo essere umani che vivono in pace.
L’ho sempre adorata. Sia quando ero un giovane idealista che sognava di veleggiare sulla Tinca (la barca de “La stanza del vescovo”), ma anche quando la concretezza ha preso il posto dei voli pindarici. E non poteva essere altrimenti in quanto quella melodia e quelle parole di speranza sono riuscite (e continuano a farlo) a far sognare un mondo diverso.
Il brano è ritenuto un inno alla pace e alla fratellanza tra gli esseri umani che sono invitati ad abbassare l’ascia di guerra e a diventare un tutt’uno. È giusto che sia così, ma forse è di più.
Fra le tante c’è una frase che fa riflettere “un mondo senza avidità”. È nelle strofe finali e rafforza il concetto politico: immagina un mondo senza proprietà, dove non ci siano fame o avidità, una fratellanza di uomini che condividono il mondo. Può essere considerato un messaggio evangelico, ma anche socialista. Forse Lennon ce lo mise perché all’epoca era molto interessato alla controcultura e alla contestazione. Però, adesso, dopo 50 anni, quella frase è ancora più attuale. È chiaro, stiamo parlando di utopia. Non può esistere un mondo senza avidità. Ma l’impressione è che si stia superando il limite di guardia nella misura in cui avidità fa rima con consumismo che poi diventa effimero.
Siamo entrati in un girone infernale dal quale faticheremo ad uscirne. Non ci siamo riusciti dopo la crisi del 2008, provocata proprio dal consumismo, e non ci fermerà neppure il Covid. Anzi, il via libera dopo la lunga pausa forzata potrebbe essere la molla per dar libero sfogo a tutte le nostre voglie represse. Per certi versi è giusto che sia così, il mondo senza consumismo faticherebbe ad esistere. Però tutti dovremmo aver la capacità di dare un colpo di freno. Ha ragione Terzani quando scrive che il mondo “è diventato un grande luna park”. E se è così è perché noi lo abbiamo voluto, perché siamo sempre più alla ricerca dell’effimero soprattutto per soddisfare le nostre ambizioni, il nostro ego.
Nel 2008 sembravamo essere arrivati al punto di non ritorno. Il refrain era: serve resettare. A ben vedere però non è successo. Lo ha dovuto fare chi è stato travolto dalle contingenze economiche. Per gli altri è cambiato poco o niente. Poi è arrivato il Covid. Anche in questo caso i buoni propositi stanno andando a farsi friggere. Spinta dall’ego la ruota dell’avidità continua stritolarci. E poco importa se a farlo siamo sempre meno. Chi resta indietro è ben presto dimenticato e gli altri sono sufficienti per far alimentare il grande luna park. “The show must go on” (lo spettacolo deve continuare) e poco importa se c’è chi rimane indietro, se il pianeta è sempre più sofferente e aumenta il divario fra ricchi e poveri.
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