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Pluralismo necessario contro la voglia di bavagli

bavaglio libertà di informazione

Il 2021, tanto per cambiare, si sta segnalando come un anno nero per la libertà di stampa. In molti paesi pienamente integrati nel mercato globale, dalla Cina alla Thailandia, dal Brasile all’Ungheria, per non parlare della Russia, i sistemi politici si dimostrano però ancora ampiamente critici sul concetto di democrazia liberale, preferiscono adottare altre formule che hanno a che fare con la rappresentanza del popolo, della tradizione, della sovranità e chi ne fa le spese è invariabilmente il pluralismo. Non solo i partiti d’opposizione e le voci critiche (laddove esistono) ma soprattutto il sistema dell’informazione. Il caso di Hong Kong, sistema in bilico tra oriente e occidente, è paradigmatico. Il pluralismo informativo di matrice anglosassone è ormai al tramonto. La madrepatria cinese è insofferente verso le voci dissenzienti e in nome dell’interesse nazionale e dell’unità, chi si oppone all’assorbimento completo è ormai tacciato di terrorismo. E un giro di vite che allontana sempre più il paese dai sistemi democratici è in corso in Ungheria, “mito” di conservatori e sovranisti nostrani.
La legge sul divieto alla propaganda dell’omosessualità che ha colpito anche i film di Harry Potter è il ridicolo manifesto dell’oscurantismo avanzante in Europa. Anche in Italia, fatte le debite proporzioni, serpreggia un’insofferenza sempre più evidente verso la stampa da parte del sistema politico e dell’opinione pubblica in generale.
Cresce la voglia di limiti, censure, bavagli. I giornalisti, che si giocano con politici e avvocati la palma di categoria professionale più screditata, hanno evidenti responsabilità. Ma questo non basta certo per consegnare tutto il dibattito pubblico (e la funzione di controllo del quarto potere) al dominio dei like e delle fake news.
Sta ora ai cittadini non cadere nella trappola.

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