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Non abbassare la guardia

Serve realismo per consolidare la ripresa. Convegno di Legacoop per individuare i punti chiave da cui ripartire

CESENA. Il 2021 si chiuderà con una crescita superiore al sei per cento. E le previsioni sono buone anche per l’anno successivo. Ma non bisogna abbassare la guardia. Non è una frase fatta. I pericoli sono reali e legati ad una serie di situazioni geopolitiche che possono produrre tempeste in grado di mettere in difficoltà paesi molto più strutturati e solidi rispetto all’Italia. Un sos che non può essere sottovalutato e che gli stakeholder hanno il dovere di sottolineare in continuazione. 

Bene, quindi, ha fatto Legacoop Romagna ad alzare l’asticella impostando un convegno all’insegna centrato sui temi nella consapevolezza che serve realismo bandendo inutili e controproducenti voli pindarici. L’incontro c’è stato oggi a Cesena alla presenza di Stefano Bonaccini, presidente della Regione, e Ezo Lattuca, sindaco di Cesena.  Per individuare come e dove ripartire: transizione digitale, fisco, lavoro e formazione, sostenibilità, semplificazione amministrativa e normativa. Farlo sarà indispensabile per dare continuità dopo aver dato risposte concrete durante la pandemia, periodo che ha messo in luce l’importanza di un’economia cooperativa forte. Il ruolo delle imprese mutualistiche è però destinato a crescere a patto che si sappiano intercettare nuovi bisogni e nuove opportunità, prime fra tutte quelle del PNRR.  Più di un centinaio le persone riunite alla fiera per l’evento organizzato in memoria di Guglielmo Russo.

Enzo Lattuca

Ad invitare a tenere i piedi ben piantati per terra sono stati i vertici di Legacoop. A partire dal presidente Mario Mazzotti che ritiene ci siano opportunità da cogliere ma anche pericoli che bisogna sapere interpretare perché viviamo un momento delicatissimo. Parla di fattori esterni, come l’aumento dei costi delle materie prime e le battaglie commerciali in corso tra Usa e Cina che rischiano di mettere a repentaglio la ripresa, creando bolle speculative e tensioni nelle filiere. A questo si aggiunge il tema della burocrazia e della farraginosità di leggi e sovrapposizione di poteri. Secondo Mazzotti “la sfida è interpretare in maniera giusta i temi dell’innovazione e della digitalizzazione, che altrimenti rischiano di creare maggiori disuguaglianze e sacche di lavoro povero e marginalizzato. In un mondo in cui i grandi agglomerati multinazionali privatizzano non solo la ricchezza, ma anche la conoscenza, e gli Stati autoritari si muovono con velocità decisionali pericolose, servono nuovi modi di organizzare la programmazione e i servizi”. In questa fase la cooperazione vuole essere protagonista di nuove forme di co progettazione insieme al pubblico, per creare più inclusione sociale, più equità, più rispetto delle differenze di genere.

Mario Mazzotti

Sulla stessa linea Luca Panzavolta, vice presidente che ha sottolineato che di fronte alla ripartenza non mancano i rischi. «Le imprese hanno problemi ad individuare persone da assumere, dalla manodopera ai dirigenti. L’aumento del costo delle materie prime – con conseguenti ritardi di produzione e consegne – sta già bloccando alcuni cantieri». 

Ed ha ragione Mazzotti quando sostiene che il rafforzamento delle imprese deve passare anche dall’aumento di percorsi formativi per rispondere alla domanda di lavoro spesso inevasa. Passaggio fondamentale per rispondere all’obbligo di  declinare l’aumento del Pil all’incremento del benessere nella vita delle persone. Perché la solidità di uno Stato passa attraverso la creazione del benessere diffuso. Per quello l’obiettivo deve essere creare ricchezza e distribuirla equamente. Perciò  serve partire dalla creazione di posti di lavoro, mentre l’Italia è il Paese europeo dove la preoccupazione per il lavoro è alta (52%), il terzo dopo Ungheria e Polonia. Preoccupano anche per la distanza tra ricchi e poveri, la disuguaglianza sociale e le pari opportunità. Lo ha detto Enzo Risso, direttore scientifico di Ipsos, nel presentare la sua ricerca. «C’è poi un bisogno di condivisione e mutualismo che fa dire a tre italiani su quattro che c’è bisogno di più imprese cooperative», ricorda Risso.

Luca Panzavolta

In Romagna la percezione generale è migliore, grazie a un tessuto sociale in cui alla tradizionale voglia di fare aumentano valori come socialità, amicizia e famiglia. Ma scende il livello di tolleranza e il disagio sociale appare alto, con il barometro che volge al brutto per sei persone su dieci. Percezioni che alimentano l’astensionismo elettorale, specie delle classi più basse.  “La recessione economica – conclude Risso — spaventa più del Covid, la Romagna è alla ricerca di nuove risposte e il ruolo del movimento cooperativo, sostenuto dal 67% delle persone, è fondamentale nella ricetta di uno sviluppo sostenibile”.

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