Per supportare il sistema necessaria una redistribuziuone
CESENA. Va a finire che aveva ragione Padoa Schioppa. Il ministro del Tesoro del secondo governo Prodi disse che le tasse sono bellissime. Ma si beccò una lunga serie di sberleffi. Lui poi cercò di spiegare la sua posizione. Il suo pensiero era chiaro: delle tasse c’è bisogno perché sono quelle che finanziano lo Stato. Quindi, più soldi ci sono maggiore è la capacità di spesa. Poi i soldi andrebbero spesi bene, ma quello è un altro discorso.
Perciò le tasse non saranno bellissime, ma di certo fondamentali. Però si fa presto a dire tasse. Il problema è che non sono eque, non tanto nelle aliquote, bensì per l’evasione. Non tutti pagano quello che dovrebbero ed inevitabilmente si creano squilibri e malcontenti. Soprattutto si allarga la forbice tra ricchi e poveri. Così i dieci uomini più ricchi del mondo hanno raddoppiato il loro patrimonio durante la pandemia. E perciò il più ricco (Jeff Bezos) può investire cifre altissime per andare nello spazio oppure tre miliardi su Altos Labs, la startup che “allunga la vita” di 50 anni (notizia di oggi).
Ognuno con i suoi soldi fa quello che vuole, però se non si ragiona su una diversa redistribuzione del peso fiscale si corre il rischio di creare problemi a tutti. Perché il sistema funziona se la base ha soldi da spendere. Solo così si può generare ricchezza e non creare corti circuiti. Non si tratta di essere buonisti, ma realisti. C’è chi lo ha capito. “Tassateci”, questo l’appello partito dagli Usa che ha coinvolto altri sei Paesi del mondo: i milionari che hanno aderito all’iniziativa stanno chiedendo ai loro governi di pagare di più e di farlo subito, così da poter contrastare gli effetti devastanti del Coronavirus su economia e sistema sanitario nazionale e internazionale. Sono oltre ottanta i ricchi che hanno chiesto di pagare più tasse per aiutare i propri governi a finanziare gli interventi pubblici attuati per contrastare gli effetti negativi del Covid.
Non è la prima volta che succede. Un gruppo di duecento persone, sempre negli Usa, fece altrettanto prima della pandemia. Gli attuali firmatari dell’appello sono soprattutto statunitensi, ma ci sono anche canadesi, tedeschi e inglesi. Purtroppo non c’è nessun italiano.
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