Si discute del nuovo sistema elettorale
CESENA. Con sempre maggiore frequenza si parla di proporzionale. Sistema elettorale che preferisco al maggioritario. Ma non ce ne è uno perfetto. Il vero cambiamento si farebbe mutando la Costituzione. L’Italia è una repubblica parlamentare. Scelta inevitabile, quella dei padri costituenti considerando che si usciva da una dittatura. Adesso si torna a parlare di presidenzialismo o semipresidenzialismo. Non amando la figura dell’uomo forte è però una soluzione che non convince.
Se invece dovesse rimanere il sistema attuale le tensioni sarebbero inevitabili. In teoria il maggioritario dovrebbe garantire più stabilità in quanto forma aggregazioni che hanno la stessa visione politica. Ma in quasi trent’anni non è mai successo, nemmeno quando il presidente del Consiglio poteva contare su maggioranze bulgare. Il tutto perché alla fine poi sono i personalismi ad emergere. Problema che rischierebbe di essere elevato alla massima potenza se ci fosse il proporzionale. Ed allora perché dovrebbe essere preferito questo sistema elettorale?
Il motivo è semplice: è quello che può garantire maggioranze ampie e che, quindi, non debbano correre il rischio di subire il “ricatto” da parte delle forze politiche. Per dare forza al leader tutti dovrebbero essere utili, ma nessuno indispensabile. Arrivare ad una situazione simile è impensabile. Però con il proporzionale ci si potrebbe andare vicino. Insomma, bisognerebbe far diventare il consiglio dei ministri una sorta di cda, dove non è necessario fare i salti mortali per cercare l’unanimità.
Nello stesso tempo però servirebbe un minor ricorso alla fiducia. Il parlamento non può essere solo un notaio. Deve poter intervenire. Per lo meno in prima lettura. Perché, va detto, abbiamo il problema di un bicameralismo ormai anacronistico. È un tappo. Una riforma impellente sarebbe la cancellazione di uno dei due rami del Parlamento. Ma quello è un altro discorso.
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