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Da Zignani lettera aperta agli studenti scesi in piazza

Intervento del segretario regionale della Uil

CESENA. Gli studenti sono tornati in piazza per chiedere una scuola migliore. La piazza è da sempre lo strumento più importante per far arrivare un segnale forte. Ne sanno qualcosa i sindacati che l’hanno sempre cavalcata facendola diventare il principale pulpito per le rivendicazioni. Sul palco è salito spesso Giuliano Zignani, segretario regionale della Uil, sindacalista che sa essere di lotta e di governo, ma che nel corpo a corpo ci va ancora a nozze. Anche per quello non ha nascosto la vicinanza con gli studenti che sono scesi in piazza a manifestare. Lo ha fatto con una lettera aperta inviata ai ragazzi. Un documento con il quale gli sottolinea la vicinanza sua e della Uil. Ma non è un’operazione ruffiana o populista, Zignani infatti non manca di sottolineare anche i punti che non condivide. 

Care ragazze, cari ragazzi oggi scendete in piazza. Per l’ennesima volta. E per l’ennesima volta chiedete una scuola migliore, sicura, moderna, dove la vostra voce risuoni forte e chiara. Per questo, idealmente io sarò lì con voi perché la piazza, per noi sindacalisti, è da sempre lo strumento per far arrivare le richieste, per denunciare le storture. La piazza è molto di più di un luogo fisico, è un modo di pensare, di agire, di crescere e di costruire il futuro. Chiaramente mi riferisco ad una piazza democratica, aperta e rispettosa delle norme dove i manganelli stanno ben lontani e dove gli estremismi, finanche violenti, sono respinti. 

Già le norme: in questi anni di pandemia voi avete toccato con mano la forza della legge. Questo è valso più di mille ore di educazione civica. In questi due anni siete stati chiusi in casa, isolati, vi hanno messo davanti ad un computer dicendo questa è la vostra classe, la vostra scuola. No, non è così. E’ giusto che ora vi riprendiate i vostri spazi, la vostra scuola che, per quanto bistrattata, è e sarà sempre il posto in cui gli studenti diventano cittadini attivi, formati e consapevoli. Su un tema al centro delle vostre rivendicazioni, però, dissento in parte e per questo mi piacerebbe confrontarmi con voi. Mi riferisco al Pcto (Percorsi di competenze trasversali e per l’orientamento), l’ex alternanza scuola-lavoro. 

Premetto nessuno deve morire mentre lavora che sia in stage, precario o assunto a tempo indeterminato. Ripeto nessuno. A maggior ragione, non si può e non si deve morire se si è in formazione. Ed è qui che rilevo una diversità di prospettiva. I ragazzi che sono morti non erano in Pcto: uno era nel sistema duale e l’altro era in uno stage organizzato da un centro di formazione. Sia chiaro e lo ripeto: nessuno deve morire mentre lavora o studia lavorando. Il Pcto o alternanza scuola-lavoro è altro; è uno strumento che permette a molti di voi, ancora sui banchi di assaggiare in ambiente protetto il mondo del lavoro. Ho utilizzato il termine di protetto non a caso: il vulnus è qui. Ecco perché sono al vostro fianco quando urlate che l’alternanza scuola-lavoro va cambiata. Cambiata, non abolita perché è stata concepita in fretta e male, poi è stata modificata in peggio senza prevedere, oltretutto, controlli stringenti. Ed ecco perché noi stiamo cercando di trasformarla. 

Differente è il problema connesso con il sistema duale e con la formazione professionale dove lo stage è dirimente per il successo del percorso di studi o formativo. Questo non mi sottrae dal rilevarne criticità su cui si deve e si può intervenire. Ad esempio, interpellando la Regione Emilia Romagna che ha competenza sulla formazione professionale che, comunque, va potenziata per dare un’opportunità a tutti i ragazzi e che, al contempo, va aggiornata e soprattutto monitorata. 

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