RAVENNA. Tornano i “Martedì di Romagna” dedicati alla tradizione culturale e letteraria romagnola, promossi dal Centro relazioni culturali. Martedì 1 marzo, alle 18, in sala D’Attorre di Casa Melandri, in via Ponte Marino 2, Giuseppe Bellosi presenterà il libro “Romagna intima. Di Francesco Balilla Pratella”, edito da Pendragon.
Lo studioso dialogherà con Susanna Venturi che si occupa di musica colta e di tradizione orale e, come pubblicista, di cronaca e critica musicale.
La casa editrice bolognese Pendrago ha meritoriamente ripubblicato il testo Romagna intima, da anni introvabile, se non nelle poche biblioteche che ancora ne conservano copia della prima o della seconda edizione (uscita l’anno successivo) dalla indimenticabile copertina a quadri bianchi e azzurri, che «ricorda le stoffe delle tovaglie». Non è una acritica edizione anastatica, ma un volume che, riproponendo insieme al testo anche le tavole illustrate e i preziosi capilettera colorati posti in apertura di ognuno dei capitoli, si arricchisce anche di una corposa introduzione affidata a Giuseppe Bellosi. Lo studioso non si limita a uno scritto di “circostanza”, bensì, come è sua consuetudine, approfondisce il contesto e la genesi del lavoro pratelliano attraverso un accurato lavoro di ricerca e analisi delle fonti.
Il libro è frutto di una vivace stagione artistica che vede nei primi anni del Novecento nascere in Romagna riviste di cultura popolare come «Il Plaustro» e «La Pie». Romagna Intima (1933) è una raccolta di scritti, composti fra il 1923 e il 1932, relativi agli usi, costumi, credenze e tradizioni di questa terra. Quella descritta da Pratella, compositore, musicologo e allievo di Mascagni, è una Romagna dal paesaggio puro e incontaminato, osservata con la malinconica consapevolezza che nel volgere di pochi decenni non sarà più la stessa. Se ancora gli antichi maceri regnano sovrani, «il cielo si specchia tra i grandi sassi bianchi» e chiese, rocche, castelli, e palazzi testimoniano la gloria passata, tuttavia la vita industriale del presente deturpa con violenza la terra e «tenta di trafiggere il cielo e gli ideali con la punta a parafulmine degli alti camini fumosi degli opifici». Oltre alla natura ampio spazio hanno, però, anche le genti: dalla classe dei braccianti, fondamentale per lo spirito di lotta politica che anima i romagnoli, a quelle degli storici, dei letterati e degli artisti che sempre viva tengono la memoria e la vivacità culturale. E’ il popolo romagnolo, dunque, nella sua più profonda essenza a lasciare il segno nell’anima di Pratella. Un’accorata dichiarazione d’amore alla propria terra che, a distanza di quasi un secolo, è ancora in grado di incantare e stupire. Se i capitoli che Pratella riunisce appaiono come una dichiarazione d’amore per la Romagna e per l’anima romagnola, che ancora oggi val la pena di rileggere, ecco che Bellosi ne definisce e illumina i contorni, conducendo il lettore nel clima culturale dell’epoca.
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