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Miniere di Formignano alla Corte dei Conti

Davide Fabbri prepara un ricorso

CESENA. Ricorso alla Corte dei Conti per gli sprechi legati al Villaggio Minerario di Formignano. Nel mirino di Davide Fabbri finiscono l’ex sindaco Paolo Lucchi e la sua giunta. Sotto accusa la scelta, presa il 14 novembre del 2011, di bloccare le procedure d’appalto dei lavori per il recupero di tre fabbricati pensati per l’allestimento del Museo delle Miniere, progetto della giunta Conti e per il quale erano già stati fatti dei passi. Secondo Fabbri la scelta ha portato allo spreco di soldi pubblici.

Le miniere hanno una storia lunghissima. Le prime escavazioni pare risalgano al 1556. Nel 1816 le acquistò il conte Cisterni. Servivano uno stabilimento chimico ed una raffineria di zolfo che lo stesso conte aveva aperto a Rimini. Il 3 settembre 1829, erano impiegati circa cinquecento  dipendenti, ed occorrevano mensilmente ‘trecento birocciai’ per il trasporto degli zolfi a Cesena ed a Rimini. Ma i debiti contratti per sostenere le spese di modernizzazione degli impianti lo portarono ben presto alla bancarotta ed alla chiusura delle miniere nel febbraio del 1837. Nel luglio del 1838 le acquistarono due industriali francesi del settore tessile, Agostino Picard di Avignone e Carlo Pothier dei Vosgi, frequentatori del mercato di Cesena per approvvigionarsi di acido solforico.

Ma il 3 agosto 1842, il Tribunale di Rimini ne dichiarò il nuovo fallimento. Il 21 febbraio 1843 fu costituita a Bologna la ‘Nuova Società delle Miniere Solfuree di Romagna’, che acquistò le miniere.  

Nel 1896 la Società bolognese, a seguito della persistente crisi dell’industria zolfifera, fu messa in liquidazione e l’attività d’estrazione andò avanti con alterni tentativi di gestione cooperativa fino ad un’acquisizione datata 1899. Nel 1917 passò alla Montecatini. La chiusura definitiva fu sancita nel 1962. La produzione di zolfo grezzo fu stimata nel periodo dal 1861 al 1962 in 409 mila tonnellate,

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