Deve essere la città a decidere le sorti dell'ultima banca del territorio e la politica non può tacere
CESENA. Un silenzio assordante. E’ quello della città sul Ccr sul cui futuro ’allarme lo ha lanciato oggi Bruno “Dumer ” Giorgini sulle colonne dell’edizione di Cesena del Corriere Romagna. Uno dei 7.500 soci ricorda che rischiamo di perdere l’ultima banca del territorio. E, quello che è più grave, aggiungo io, succede in una sorta di totale disinteresse da parte della città. Cosa del tutto incomprensibile anche perché la banca ha i conti in ordine.
Sul prossimo futuro non ci sono certezze, ma pare abbastanza chiara la direzione verso la quale si potrebbe andare: la fusione con la Ravennate-Imolese-Forlivese. O forse sarebbe meglio parlare di incorporazione. Non è però escluso che gli sportelli della zona del Rubicone possano essere presi da Riviera Banca. Cambierebbero i fattori, ma non il prodotto. E’ quella che sembra la strada principale dopo che Petrini, attuale direttore, è stato invitato a farsi da parte. Il suo obiettivo era un altro: usare i prossimi tre anni per far crescere un nuovo direttore, un giovane, non l’attuale vice. Soluzione che avrebbe potuto continuare a garantire un’autonomia a Ccr, quanto meno per l’area cesenate (quella della ex Banca di Cesena).
Invece il futuro pare segnato e potrebbe essere quella incorporazione della quale si parla da alcuni anni. E se si andasse in quella direzione verrebbe creata una nuova mega struttura nella quale Cesena sarebbe “accontentata” con un paio di di persone nel Cda. E pensare che la storia delle Casse Rurali, perché di questo stiamo parlando, è completamente diversa. Nascono come banche di Quartiere, quasi di parrocchia. Invece anche loro sono state conquistate dal gigantismo. Mentre forse era più logico pensare ad un’autonomia territoriale consorziandosi invece per gestire tutti quei servizi extraterritoriali. Un po’ la filosofia della melagrana, storico simbolo delle Bcc. Ma non tutti potrebbero essere d’accordo con questa visione.
Il problema è che in città non se ne parla. Lo fanno solo alcuni soci dell’istituto di credito. Per il resto silenzio assoluto. Soprattutto da parte della politica. L’unico a prendere posizione è stato Davide Fabbri. Sia maggioranza che opposizione pensano ad altro. Ed è assurdo. Per un senso unico o un viadotto sono pronti a stracciarsi le vesti, per lo spostamento a Rimini di Macfrut (passaggio necessario per salvare la fiera cesenate) furono fatte delle magliette. invece sul futuro dell’ultima banca del territorio tutto tace. E non regge la giustificazione che non è una struttura pubblica. Il futuro della banca avrà riflessi sul sistema del credito e sul tessuto socio-economico del territorio. Quindi il silenzio non può essere accettato. Anche e soprattutto perché certe decisioni vanno prese dalla città. Non possono essere calate dall’alto. Cesena non può e non deve continuare ad essere terra di conquista.
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