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Il Cesena agli americani è positivo o negativo?

Ancora non sono arrivati segnali importanti

CESENA. Il Cesena non è più romagnolo. La maggioranza è stata acquistata da una società formata da americani. Sarà positivo o negativo? Per il momento l’impressione è quella dell’elettroencefalogramma piatto. Non tanto perché la gestione made in Usa non ha aperto il portafoglio a fisarmonica, bensì perché non sono stati fatti quei cambiamenti nel management societario che possano far pensare ad un cambio di rotta. Non per quello che riguarda l’aspetto sportivo, bensì per quello commerciale. 

Dal giorno del suo arrivo la frase più importante di Lewis è stata: “Non concepisco che si possa iniziare una stagione sportiva sapendo che si finirà in perdita”. Così facendo ha puntato l’indice contro il ventre molle del calcio (tifosi compresi), quello che guarda ai risultati sul campo augurandosi che i dirigenti spendano sempre di più per rafforzare la squadra, mentre dovrebbero invece fare il tifo per lo scudetto del bilancio. 

Invece sostenibilità è un sostantivo che a livello calcistico è un illustre sconosciuto, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto economico. Eppure l’esperienza insegna che solo i conti in ordine possono garantire un futuro tranquillo. Lo dimostrano esperienze come quelle di Udinese, Atalanta, Empoli e Sassuolo. Ma anche soprattutto del Cesena. Fin quando il sodalizio bianconero ha avuto i conti in ordine galleggiava fra serie A e serie B di vertice. Poi la storia è sotto gli occhi di tutti.

Ma è il calcio in generale che deve fare un cambiamento radicale. Non si possono chiudere i bilanci con passivi attorno ai duecento milioni di euro. E poco importa che ci sia qualcuno che ricapitalizzi. Con un rosso del genere non si costruisce niente. Il calcio è un prodotto imperfetto e per aggiustarlo serve un cambiamento radicale a tutto il sistema. Altrimenti, tirando continuamente la corda, saranno sempre più le società che resteranno col cerino in mano. 

Le fonti di spesa sono note a tutti. E per ridurle si potrà fare tantissimo partendo da un tetto agli stipendi, ma anche al ruolo dei procuratori. Ma è anche la voce ricavi che deve essere potenziata. Bisogna andare oltre per far sì che le società siano un ingranaggio che generi importanti entrate al di là della biglietteria o dei diritti televisivi, ma anche della cessione dei calciatori. Invece si ha l’impressione che questa sia una strada che ancora, in Italia (a tutti i livelli) non sia stata battuta a sufficienza. Insomma, per far crescere una squadra servono competenze tecniche, ma anche manager preparati nel mondo del business.  

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