Dall'assemblea di Confesercenti emerge un quadro fosco
CESENA. La quotidiana lettura dei giornali è un’abitudine alla quale è difficile rinunciare. Però non sempre regala sensazioni piacevoli. Anzi, in questo periodo se ci si concentra sulle notizie economiche la preoccupazione si eleva alla massima potenza. E’ difficile trovare settori dove le cose vadano bene, ma è fuori di dubbio che uno dei settori più in difficoltà sia il commercio. A partire dall’abbigliamento, ma non è il solo.
Una sorta di bollinatura a questo stato di difficoltà ieri è arrivata dall’assemblea nazionale di Confesercenti che si è tenuta a Pesaro. I dati forniti sono preoccupanti: in un caso su due la speranza di vita di un negozio è di cinque anni. Circa 60 mila esercizi rischiano di chiudere entro il 2027, il doppio di quelli che hanno abbassato la saracinesca dal 2019 a ora. Pesano bollette, inflazione, calo dei consumi e la concorrenza del commercio elettronico che, secondo le previsioni, al massimo nel 2028 nel comparto alimentare avrà superato la quota di mercato dei negozi che operano su piccole dimensioni. Poi la bordata: nel quadriennio 2022-2025 l’aumento dei prezzi comporterà un’erosione del potere d’acquisto delle famiglie di ventidue miliardi.
Il che significa diminuzione dei consumi. E segnali in tal senso stanno arrivando forti e chiari. Secondo Marco Pari, direttore della Confesercenti di Rimini, sentito dal Corriere Romagna i regali di Natale stanno andando a rilento. Secondo Giammaria Zanzini, presidente di Federmoda Confcommercio del Riminese il settore dell’abbigliamento rischia un calo del 20/25 per cento rispetto allo scorso anno. Ma pare non andare benissimo neppure l’alimentare. Per quanto riguarda carne, pasta fresca e tutto quello che riguarda il cenone di Natale le vendite sono in linea con il 2021. Chi invece non decolla sono i regali (i cesti di Natale), le cui vendite, rispetto allo scorso anno, sono in diminuzione di circa il venti per cento. Un calo di acquisti che riguarda sia le famiglie che le imprese.
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