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Nonostante la propaganda di Giorgia Meloni i conti non tornano

Il Presidente Sergio Mattarella ha ricevuto il Sen. Stefano BERTACCO e On. Arch. Fabio RAMPELLI, rispettivamente Presidente del Gruppo Parlamentare “Fratelli d’Italia” del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati,accompagnati dall’On. Giorgia MELONI, Capo della forza politica “Fratelli d’Italia” . (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Con questi numeri a rischio il futuro dei giovani

Giorgia Meloni e l’intero governo esultano per i livelli dello spread. E’ sceso a 121. Dimenticano però di dire che il dato italiano è uno dei peggiori d’Europa. Hanno fatto peggio solo la Repubblica Ceca (140) e Ungheria (406). Siamo lontani da Gracia (82,5), Spagna ((80,42) e Portogallo (63,36) e lontanissimi da Francia (44,39) e Paesi Bassi (28,77). Quindi, invece di esultare, sarebbe utile fare qualcosa d’altro. Lo stesso vale per i conti pubblici. Il centrodestra non perde occasione per esaltare il lavoro fatto dal governo dal punto di vista economico. E viene ricordato che i dati relativi alla crescita sono sopra la media europea. 

Il riferimento è giusto, ma la narrazione è parziale. Come emerge anche da un’analisi di Federico Fubini pubblicata sul Corriere della Sera, la crescita italiana è figlia soprattutto dei bonus che però hanno provocato un deficit da tarda prima repubblica. Il 2023 si è chiuso con una crescita dello 0,9 per cento nonostante circa 20 miliardi di Pnrr, più molte decine di miliardi di Superbonus, industria 4.0 e altri crediti d’imposta. Cosa sarebbe successo se non si andasse avanti a colpi di maxi deficit? La risposta è abbastanza semplice: crescita zero o quasi. Non a caso l’analisi di Fubini è impietosa: di certo la molta legna che stiamo buttando nella fornace dell’economia non sprigiona molto calore. O la legna è di scarsa qualità, oppure la fornace ha bisogno di essere un po’ aggiustata. 

Che le cose non vadano bene emerge anche dai dati del bilancio primario, quello pre-interessi. Nel 2023 si è chiuso a meno 3,4 (dal 1995 al Duemila era a più cinque per cento), dato che potrebbe essere giustificato solo se ci fosse una crescita più consistente. Invece un più 0,9 a fronte di meno 3,4 è un mix preoccupante, provoca un appesantimento dei conti pubblici che causa una crescita dei soldi per paghiamo per interessi. Ora sfioriamo i cento miliardi l’anno contro i settanta spesi nell’istruzione. E’ chiaro che così non si può proseguire. Questo, innanzitutto perché, come sostiene anche Veronica De Romanis, docente universitaria ed economista, spesso la politica spende e promette per il consenso e i cittadini si deresponsabilizzano.

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