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Il pastrocchio  del redditometro e il futuro dell’Italia

Non c'è più spazio per l'improvvisazione

Dagospia, sito che, per la verità, non è mai tenero con Giorgia Meloni, nella ricostruzione del papocchio legato al redditometro afferma che la presidente del Consiglio era a conoscenza dell’operazione predisposta dal viceministro Di Leo, commercialista. Le reprimende degli alleati Salvini e Tajani però l’hanno fatta sobbalzare dalla poltrona e adesso cerca di metterci una toppa. Non sarà facilissimo anche se la sora Giorgia ha dimostrato di essere molto abile nella comunicazione. Il primo passo è stata la sospensione del decreto.

Può darsi ci riesca, anche solo in parte. Ma il tema è un altro: quali sono le condizioni della casse pubbliche? Secondo quasi tutti i commentatori sono praticamente vuote. E l’impressione è che sia così. Non si spiega altrimenti un’operazione come quella del redditometro. Anche il più inesperto dei politici sa quanto possa essere negativo fare un’operazione del genere a meno di tre settimane dal voto. Se è stato fatto con il via libera della premier e del ministro dell’Economia (entrambi dicono che non ne sapevano niente, ma è impensabile ne fossero all’oscuro) significa che si sta raschiando il fondo del barile per raggranellare qualche euro.

Questo non è certo di buon auspicio in vista della legge di bilancio che dovrà essere fatta subito dopo l’estate. E’ chiaro che Giorgia Meloni confida nel buon esito delle elezioni Europee per ottenere da Bruxelles condizioni più vantaggiose. Ma il tema non è quello che succederà nel breve, ma le prospettive di un Paese che non può permettersi di vivere alla giornata. I numeri parlano chiaro: nel 2028 saremo il paese della Ue con il debito pubblico più alto. Fmi e Banca d’Italia sono solo gli ultimi a chiedere interventi strutturali per dare un’inversione di tendenza. Ma è possibile?

Secondo Veronica De Romanis, economista, ci si può riuscire prendendo spunto da quello che ha fatto il Portogallo che in quattro anni ha ridotto il debito pubblico di circa trenta punti. Ma per farlo serve concretezza da parte della classe politica. Perché la riduzione della spesa pubblica passa da una riqualificazione della stessa. E, siccome i soldi non sono elastici, serviranno delle scelte politiche forti e chiare. In ballo c’è il futuro delle nuove generazioni.

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