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Un gran bel libro nonostante un finale insipido

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L'ombra del vento di Carlos Luis Zafon

Mi mancherà. Eccome se mi mancherà. Nonostante un finale scontato e banale, “L’ombra del vento”  (418 pagine) è un bel libro. Innanzitutto per la scrittura. Carlos Luis Zafon è bravo. Non è ripetitivo, le frasi sono brevi, ma, soprattutto, le descrizioni sono coinvolgenti. Ottima anche la ricostruzione del periodo storico (quello della guerra civile) e, in particolare, per la psicologia dei protagonisti. Buona anche la descrizione di una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra Poi c’è la storia, per nulla banale. Non essendo un thriller non ha un ritmo incalzante, ma di colpi di scena ce ne sono tantissimi. Non è un volume recente. L’uscita risale al 2001, ma questo non è mai un problema per i libri. In particolare per quelli belli.

La storia inizia una mattina del 1945 quando il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne nella città vecchia di Barcellona per fargli conoscere il Cimitero dei Libri Dimenticati, luogo con migliaia di libri. Qui il ragazzino entra in possesso di un volume che cambierà il corso della sua vita, introducendolo in un labirinto di intrighi legati alla figura del suo autore. Un romanzo in cui i fatti di un passato inquietante si riverberano sul presente del giovane protagonista.

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