Quello di Pienza è stagionato in barriques
Pienza è un piccolo gioiello della Val d’Orcia, nota come la città di Papa Pio II che qui nacque nel 1405 e che una volta divenuto Papa volle trasformare il suo umile paese natale, Corsignano, in un tesoro urbanistico-architettonico. Nacque così quella che è oggi nota la Città d’autore ideale: “nata da un pensiero d’amore e da un sogno di bellezza”, come scrisse Giovanni Pascoli. Affidò così la ristrutturazione totale del borgo all’architetto Bernardo Rossellino e all’umanista Leon Battisti Alberti, che in appena quattro anni, dal 1459 al 1462, definirono l’aspetto armonioso e tipicamente quattrocentesco di quella che sarebbe stata oggi Pienza. Dal 1966, insieme a tutta la Valdorcia, è riconosciuta dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’Umanità.
Visitarlo è un incredibile viaggio nel tempo, ma quello che mi ha entusiasmato è il pecorino. So che rischio la fustigazione, ma quel cacio è straordinario e non può che essere messo al primo posto. Lo è quello stagionato in barriques, ma anche quello finito in grotta è tanta roba. Inebriante pure quello stagionato con pepe. Ma a conquistare il palato è stato quello fresco: un formaggio di venti giorni che della pecora ha un vago sentore finale, ma con una dolcezza e una rotondità uniche. Difficile però abbinarlo al brunello. Il principe di Montalcino, assieme al pane sciapo, è invece stupendo col cacio stagionato.
La piazza di Pienza invece è l’arte rinascimentale italiana che si materializza in un borgo: la famosa “città ideale”. Ma tutto il borgo è pittoresco anche se è troppo pieno di negozi di souvenir e altro per i turisti, sempre numerosissimi. Nell’ arco dell’ anno equamente divisi tra italiani e stranieri. Meravigliosi anche i panorami che si scoprono praticamente da ogni affaccio, in particolare dal percorso delle mura.
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