Pochi gli interventi strutturali. Molti gli aggiustamenti
In quattro anni investiti 150 milioni per rifare il trucco a Cesena, ma non ci sono opere strutturali a parte la circonvallazione di Calabrina attesa da almeno trent’anni. Ma quella del Comune non è una svista. Non ce ne sono perché la città non ne ha bisogno, soprattutto per quanto riguarda la viabilità. Con la circonvallazione di Panighina è stata completata la Cervese bis. Eventualmente il collegamento con il mare potrebbe essere migliorato con il prolungamento della via Assano che sbucherebbe a Macerone. E’ forse l’unica nuova strada che potrebbe essere realizzata. C’è poi il lotto zero e il prolungamento della secante. Ma per quelle bisogna bussare dall’Anas o dal governo nazionale.
Per il resto nel futuro serviranno aggiustamenti. Molto passerà anche dal trasferimento dell’ospedale. Quando il Bufalini non sarà più il nosocomio cittadino arriverà un’importante risposta alla problema del traffico. La cosiddetta circonvallazione sud (via Padre Vicinio da Sarsina) sarà molto meno trafficata. Il problema si sposterà in zona Villa Chiaviche che però è già servita abbastanza bene. Diventerà utile la Gronda/Bretella.
Ci sarà invece da fare per il completamento della rete ciclabile. Alcune opere sono strategiche. Due sono in fase di studio: via Torino (da via Dismano a Martorano) e via Dismano (dalla rotonda di Torre del Moro al cavalcavia della Secante). Però ce ne sono altre quattro altrettanto importanti: via San Giorgio, via Capannaguzzo, via Romea e via Calcinaro.
Bisogna poi risolvere il problema del tratto della San Cristoforo all’uscita della secante. E’ pericoloso e non può restare come è adesso. Rotonda all’uscita e allargamento dell’arteria (con il tombinamento) sono le opere fondamentali. Interventi che non sarebbero neppure troppo costosi. Il sindaco li aveva messi già in agenda, ma poi tutto si è fermato. Serve riaprire la pratica, al più presto anche perché il prolungamento della Secante non è all’ orizzonte.
Ma l’aspetto sul quale sarà fondamentale concentrarsi sono le opere per mettere in sicurezza il fiume Savio. A partire dall’ampliamento della cassa di espansione Cà Bianchi e il completamento di quella di San Carlo.
Inoltre ce ne sono altre due in programma: “Cà Tana” a Borello e “Il Trebbo”, il primo di circa 15 ettari, il secondo attorno a 8). Ma sono legate ai tempi dei privati e le estrazioni non sono ancora partite.
C’è poi il nodo dei ponti. Il Ponte Nuovo e quello della ferrovia tutte le volte diventano una sorta di diga. Si potrebbe optare creando un’unica arcata. Il problema è più facilmente risolvibile per il ponte nuovo dove possono essere programmati lavori. Molto più complicato per il ponte della ferrovia. Intanto almeno si dovrebbe lavorare sull’abbassamento delle golene, consolidamento delle sponde e rilivellatura degli argini. Comunque bisogna considerare che di fronte ad eventi eccezionali si possono limitare i danni, ma non evitare le alluvioni a prescindere.
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