
Two city workers are planting young trees in soil after removing pavement, contributing to urban greening.
Cinque milioni e mezzo. È il numero di mattonelle d’asfalto rimosse in Olanda nel 2024, in base a un progetto di depavimentazione che ha coinvolto migliaia di cittadini in una sorta di ‘campionato’, che ha liberato un’area di terreno fertile pari a 200 campi da calcio in circa 3 anni.
Si tratta di togliere l’asfalto e lasciare respirare di nuovo la terra, restituendola al verde. I benefici effetti sono messi in risalto anche nel sito del Ministero dell’Ambiente italiano: mitigare gli allagamenti urbani, raffrescare le città, aumentare la biodiversità e promuovere il benessere psicologico, visto che sono dimostrate le ricadute positive del verde sulla qualità della vita delle persone.

Il movimento ‘Depave’ è sorto a Portland, negli Stati Uniti, nel 2008 e da allora si è diffuso in giro per il mondo. Esistono iniziative di questo tipo in Germania, Francia, Belgio e Olanda; come spesso accade, l’Italia – Paese dei condoni – è ancora indietro. Stenta ad affermarsi l’idea di rinaturalizzare le città per renderle più vivibili e meno soggette ai cambiamenti climatici; al contrario, prevale il vecchio sistema di cementificare il più possibile.
A ogni catastrofe naturale (in Emilia-Romagna è sufficiente citare le recenti alluvioni) tutti gli esperti sono concordi nell’individuare l’eccessivo consumo di suolo fra le cause dei maggiori disastri. Ma appena l’emergenza passa in secondo piano, si torna come prima, business as usual.
Sia chiaro: anche strappare dal suolo il cemento ha un costo, prima iniziale e poi di manutenzione. Ma come sottolinea lo stesso Ministero dell’Ambiente, in molte città si trovano soluzioni creative, facendo collaborare enti pubblici e soggetti privati, ottenendo anche sovvenzioni dai governi.
Fabio Gavelli
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