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Un patrimonio vivente. In una mostra l’arte della vela latina e al terzo

L’esposizione in programma al Museo della Marineria di Cesenatico dal 21 giugno al 7 settembre 2025

Nel marzo scorso è stata ufficialmente consegnata al bureu UNESCO di Parigi la candidatura per iscrivere l’“Arte della navigazione con vela latina e vela al terzo” nell’albo dell’UNESCO che registra tutti i saperi e tradizioni considerati degni di far parte del patrimonio dell’umanità. È il primo passo sulla strada di un riconoscimento che premia il lavoro di tantissime comunità e gruppi che in tutto il Mediterraneo hanno tenuti vivi i saperi e le tradizioni del nostro mare, tra i quali il Museo della Marinerioa di Cesenatico che ha svolto un ruolo da pioniere e da protagonista, promuovendo e coordinando la parte italiana della candidatura che riguarda altri sei stati europei.
La mostra allestita al museo di Cesenatico intende illustrare questo importante patrimonio, che è particolarmente vivo e praticato anche in Adriatico e in Romagna, grazie appunto al museo e alla associazione “Mariegola” che raggruppa tutti i proprietari di barche con “vele al terzo”. Attraverso le immagini raccolte e utilizzate anche per il dossier UNESCO e molte altre, saranno così presentate le varie realtà e aspetti della vela tradizionale mediterranea, dalle coste della Catalogna a quelle Francesi, dal lago Lemano in Svizzera sino a tutte le coste d’Italia e della Croazia, e alle isole della Grecia.
La vela latina nei primi secoli dopo Cristo e si afferma in tutto il Mediterraneo e oltre nel Medioevo e in età Moderna, equipaggiando barche piccole come i gozzi e grandi come le galee e i leudi; in alto Adriatico, dal XVII secolo, compare la vela al terzo, una variante particolarmente ricca di elementi demoetnoantropologici, come la tintura e i contrassegni delle vele. La vela latina e al terzo – non più usate da decenni sulle barche da lavoro – vivono ancora perché sono praticate da una fitta rete di comunità lungo tutte le coste del Mediterraneo e altrove, che le riconoscono come parte integrante della loro identità culturale. Si tratta di volontari, spesso organizzati in associazioni o circoli velici, spesso supportati da istituzioni pubbliche come musei o municipalità. Oggi queste comunità fanno anche parte di reti nazionali e internazionali, che promuovono scambi e occasioni comuni come raduni e regate, o festival dedicati al patrimonio culturale marittimo. Non si tratta di una pratica solo maschile; anzi, a dispetto delle antiche dicerie, peraltro spesso infondate, non vi sono restrizioni di genere nella vela tradizionale, dove i ruoli a bordo dipendono esclusivamente dall’impegno ad acquisire le competenze necessarie a navigare, e dove il lavoro di squadra e il rispetto per l’esperienza degli “anziani” rimane essenziale per la sicurezza e una piacevole navigazione. Oltre che inclusiva, la vela latina e al terzo è anche una pratica sostenibile: si svolge con barche tradizionali in legno usando l’energia del vento e promuove una conoscenza diretta dell’ambiente marino e della meteorologia, favorendo una maggiore consapevolezza ambientale. Infine – ed è quanto è accaduto a Cesenatico – il recupero delle tradizioni marittime e della identità locale è diventata spesso anche la chiave per la salvaguardia dei centri storici e per ispirare un turismo più innovativo ed esperienziale.
La proposta di candidatura UNESCO è nata alcuni anni fa dentro AMMM, l’associazione dei musei marittimi del Mediterraneo, dalla quale è nato un gruppo di lavoro internazionale composto da Italia, Croazia, Francia, Grecia, Spagna e Svizzera. In Italia, il compito di coordinare il lavoro è stato svolto dal Museo della Marineria di Cesenatico, mentre il fondamentale lavoro tecnico-scientifico di presentazione della candidatura è stato compiuto dall’Ufficio UNESCO del Ministero della Cultura.

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