Per guarire deve guardarsi dentro e fare tesoro dei propri sbagli. Sintomatico un post pubblicato su Facebook
Non si scende sotto al venti per cento solo perché il mondo è cinico e baro. Il riferimento chiaramente è al Pd. È vero che la capacità comunicativa degli avversari ha pesato, ma è sbagliato nascondersi dietro questa foglia di fico. Alla base ci sono una serie di errori che la sinistra ha commesso. E ai quali ancora non ha messo mano. Non c’è stata quella inversione di tendenza che sarebbe necessaria. Sono discorsi fatti e ripetuti. Spesso a spizzichi e bocconi, ma che sono molto ben sintetizzati in un post che ieri Alice Lucchi ha caricato nella sua pagina Facebook. Uno scritto di grandissima lucidità e che mi piace riproporre.
Per il mio lavoro mi capita quotidianamente di parlare con aziende e attività commerciali di solito di piccola media entità spesso a conduzione familiare, e avevo già registrato con rammarico che molti mi dicono di aver da poco chiuso l’attività perché dopo decenni di oppressione fiscale e pendenze burocratiche kafkiane il più delle volte ingiustificate e incomprensibili.
L’ esasperazione li aveva portati a questa dolorosa decisione, ma oggi in particolare ho chiamato una signora di Bologna le cui parole mi hanno provocato una vera stretta al cuore e mi hanno costretto a riflettere su alcune cose che forse non avevo mai elaborato in modo così brutale, ma doveroso per una corretta analisi della situazione politica e economica in cui ci troviamo a vivere.
La signora era proprietaria di un’ osteria nel centro di Bologna, quelle delle canzoni di Guccini e dei romanzi di Tondelli per capirci, quelle dove gli universitari e i cantastorie trascorrono le serate tra un bicchiere di vino (beh forse più di uno), una discussione su Marx e qualche strimpellata meravigliosamente stonata di una canzone di De Gregori o Dalla.
Dopo decenni questa signora mi raccontava come una tassazione folle e un sistema burocratico opprimente l’ avevano portata alla recente e drammatica decisione di chiudere questa piccola osteria e con una voce tremante mi confessava che dopo una fede quarantennale comunista il suo ultimo grido di esasperazione e frustrazione l’ aveva manifestato votando questo governo, proprio perché era l’ultimo segnale che poteva lanciare per far sentire la sua voce per anni inascoltata o snobbata, con la tristezza nel cuore per aver tradito la fede politica di una vita, ma anche per manifestare come le politiche sempre attuate da governi di sinistra le avevano sempre ostacolato la strada, invece che ringraziare lei come tutti i piccoli medi esercenti e imprenditori che hanno fatto grande il nostro paese e ci hanno garantito col sudore e fatica un sistema economico solido e all’avanguardia dal dopo guerra in poi, e che come ringraziamento hanno sempre e solo ricevuto oppressione fiscale e tasse al limite dell’ estorsione.
Ecco, quando dall’alto della nostra superiorità morale e intellettuale noi di sinistra ridicolizziamo e dileggiamo chi ha votato questo governo, prima di farlo dovremo riflettere su cosa e perché ha portato tanta gente a praticare questa scelta radicale, e vergognarci un pò’ non solo per aver portato tanti a manifestare il loro disagio riducendosi a dare una possibilità a Di Maio, ma soprattutto per l’ ostinazione e l’arroganza che ci portano a chiuderci sempre di più e a parlarci addosso e litigare tra di noi nella nostra piccola riserva indiana invece che sforzarci di ascoltare e di capire il mondo là fuori.
Ormai l’osteria della signora è chiusa per sempre, ora sta a noi scegliere se voltArci dall’altra parte o fare qualcosa per riacquisire la fiducia di chi per ora non è più disposto a darcela. Questa è la sfida della sinistra. Che può vincere solo guardandosi dentro. E dopo essersi guardata dentro, allora potrà finalmente guardare avanti.
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