Giovedì 23 maggio 2019, alla vigilia del 78esimo compleanno del menestrello di Duluth, il centro di Forlì farà da scenario alla seconda edizione della manifestazione dedicata al mitico Robert Zimmerman, in arte Bob Dylan
Dopo il successo della prima edizione, tenutasi un anno fa e intitolata “Una Giornata con Bob Dylan”, il Dylan Day Forlivese ritorna con la seconda edizione: “La Tentazione del Blues”. Ideato e organizzato da Samuele Conficoni, il festival si propone di rendere omaggio alla straordinaria arte del cantautore statunitense, Premio Nobel per la Letteratura 2016, Premio Pultizer 2008 e vincitore di numerosi Grammy, e vede anche quest’anno la prestigiosa collaborazione di Michele Minisci e Marco Viroli.
In parte convegno e in parte tributo musicale, il 2° Dylan Day si terrà giovedì 23 maggio 2019, giorno che precede il 78° compleanno di Bob Dylan, e offrirà eventi di caratura internazionale. Il cantautore statunitense, nonostante l’età, continua a pubblicare dischi ed è in tour senza sosta da fine anni ’80. In questa edizione si discuterà in particolare dei profondi legami tra Dylan e il blues, ma non solo. Non mancheranno, ovviamente, tanta musica e tante sorprese.
Si partirà alle ore 21.00 con la conferenza del professor Alessandro Carrera (University of Houston), tra i massimi studiosi al mondo di Bob Dylan, autore di svariati saggi sul musicista, nonché traduttore, per Feltrinelli, di tutti i suoi versi e prose. La conferenza si terrà presso il locale Petit Arquebuse (corso Garibaldi, 52). Alle ore 22.00 i Blind Boy Gunn, insieme a tanti ospiti speciali, si esibiranno sul palco del Petit Arquebuse, introdotti dallo stesso professor Carrera.
Sempre al Petit si darà vita a un dibattito, “I fantasmi di Bob”, a cui gli spettatori sono invitati a partecipare.
Infine, alle ore 23:30, al Moquette (via Dall’Aste, 17), ancora musica con un DJ-set e una mostra fotografica intitolata “I volti di Bob Dylan” che sarà allestita già nei giorni precedenti. L’evento è patrocinato da Comune di Forlì e Università di Bologna.Sede e orari potrebbero subire variazioni: si consulti a tal proposito la pagina Facebook “Dylan Day Forlì” per restare aggiornati.
“Quando ho iniziato a scrivere canzoni, da adolescente, e anche quando ho iniziato a raggiungere una certa fama per le mie abilità, le mie aspirazioni per queste canzoni non si spingevano molto lontano. Pensavo che sarebbero state ascoltate nelle caffetterie e nei bar, forse più tardi anche in posti come la Carnegie Hall, il London Palladium. Se pensavo veramente in grande, forse avrei potuto immaginare di incidere un disco e poi ascoltare le mie canzoni alla radio. Era questo il vero grande riconoscimento nella mia mente. Incidere dischi e ascoltare le tue canzoni alla radio significava raggiungere il grande pubblico, e questo avrebbe poi permesso di continuare quello che ti eri proposto di fare.
Beh, ho fatto quello che ho deciso di fare da molto tempo, oramai. Ho fatto decine di dischi e suonato in centinaia di concerti in giro per il mondo. Ma sono le mie canzoni il centro vitale di quasi tutto quello che faccio. Sembra che abbiano trovato un posto nelle vite di molte persone, attraverso molte culture differenti, e sono grato per questo”.
(Tratto dalla lettera di Bob Dylan, letta il 10 dicembre 2016 da Azita Raji, ambasciatrice statunitense in Svezia, durante la cerimonia di consegna dei Premi Nobel)
In vista del 2° Bob Dylan Day forlivese, il professor Alessandro Carrera ci ha inviato questo articolo scritto di suo pugno, in cui illustra con precisione e chiarezza il suo fondamentale ruolo all’interno degli studi riguardanti Bob Dylan.
«Ho pubblicato “La voce di Bob Dylan” con Feltrinelli nel 2001 (edizione ampliata 2011). Allora non pensavamo ancora di tradurre le canzoni. Lo spunto è venuto dalla traduzione del saggio autobiografico dello stesso Dylan, “Chronicles Vol. 1” (non lo chiamerei veramente un’autobiografia), che Feltrinelli ha pubblicato nel 2005. Non potevamo muoverci senza che un editore americano si muovesse per primo, e quando Simon & Schuster ha annunciato la pubblicazione di “Lyrics 1962-2001”, allora l’editore e io abbiamo cominciato a progettare la traduzione italiana. All’inizio si pensava a un lavoro collettivo di più traduttori che io avrei coordinato, ma presto è emersa, per me, la necessità di aggiungere al libro un apparato di note, che chiaramente dovevano rispettare delle scelte precise di traduzione per non generare confusioni, così infine si è deciso che avrei fatto tutto io. Il volume (di 355 canzoni e 1260 pagine, pare che sia il numero massimo di pagine che un libro può avere senza che la rilegatura si rompa) è uscito nel 2006. Ero soddisfatto? Sì e no. Ero più contento di come avevo tradotto “Chronicles”, a dire la verità. Mi rendevo conto che in alcuni casi, con più tempo a disposizione, avrei potuto fare di meglio, ma quel ch’era fatto era fatto. Il volume è andato esaurito subito, ma per varie ragioni contrattuali non è stato possibile ristamparlo. Non fino a quando Bob Dylan ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. A quel punto la possibilità di tornare sul lavoro, correggerlo, migliorarlo e ampliarlo si è finalmente materializzata. Questa volta le canzoni erano 390, e le abbiamo divise in tre volumi. Ho potuto anche irrobustire le note, di cui sono molto fiero, perché l’edizione italiana è l’unica edizione annotata che esista al mondo (quella curata da Christopher Ricks per un volume di lusso mette assieme molte varianti, ma non è annotata). Per le traduzioni ho usato molti stili e molti approcci diversi, perché Dylan ha molte voci e molti modi di scrivere: ho usato il verso libero e non rimato per le canzoni narrative, alcune rime strategiche nelle canzoni più complesse, e una struttura più rigida di rima e metrica in canzoni che lo permettevano o che mi ossessionavano, per cui se non le traducevo in rima e metrica non ci dormivo la notte. I primi due volumi, “Lyrics 1961-1968”, e “Lyrics 1969-1982”, sono usciti nel 2016; il terzo volume, “Lyrics 1983-2012”, fino a “Tempest” del 2012, è uscito nel 2017. Pochi mesi dopo, sempre per Feltrinelli, è uscito anche un libretto con l’edizione annotata della lettera all’Accademia di Svezia e il discorso del Nobel. Io mi sono occupato di tutta la produzione di Dylan cercando di inserirla in un discorso più vasto sulla cultura e la società americana, in rapporto al canto popolare come alla letteratura. Ho chiamato il mio libro “La voce di Bob Dylan. Una spiegazione dell’America” perché credo che la voce di Dylan riassuma una buona parte di quello che l’America è stata ed è ancora: la terra della diversità e della molteplicità imprevedibile, indipendentemente dal clima politico che si può respirare in una stagione piuttosto che in un’altra. A Forlì voglio parlare della questione, appunto, della molteplice identità dylaniana, ebraica, cristiana, e prima di tutto americana, in particolare rispetto ad alcune canzoni scritte negli anni ‘80 e che sembrano voler raccontare di nuovo, con grande forza poetica ma anche con una reticenza di cui spiegherò la ragione, la vicenda biblica di Salomone e della Regina di Saba».
(Alessandro Carrera, aprile 2019)
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