In occasione della Giornata della Memoria merita di essere ricordato l’operato di due parroci che ebbero un ruolo importante durante il Secondo conflitto mondiale. Sicuramente non si conobbero perché uno, don Giovanni Fornasini, seguì la parrocchia di Sperticano di Marzabotto e l’altro, don Angelo Savelli, di Casale di Modigliana, ma le loro storie, anche se vissute in località diverse, sono da porre in evidenza.
Di don Fornasini se ne sono occupati recentemente tutti i mezzi di informazione perché nei giorni scorsi Papa Francesco, ricevendo il cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha autorizzato il decreto che riconosce il martirio di don Giovanni, ucciso il 13 ottobre 1944 nella strage di Marzabotto, e quindi presto sarà dichiarato Beato.
Don Giovanni Fornasini nacque a Pianaccio di Lizzano in Belvedere il 23 febbraio 1915. Nel tragico periodo dell’occupazione tedesca trasformò la sua parrocchia in un “cantiere della carità”, mettendosi a disposizione di tutti coloro che necessitavano di soccorso, specialmente gli sfollati e la gente rimasta in paese, tra cui molti anziani e bambini. Più volte intervenne presso i tedeschi per aiutare i prigionieri o per far rilasciare persone catturate ingiustamente.
Il 29 settembre 1944, nel contesto delle vendette belliche naziste, fu imprigionato dalle SS ma venne rilasciato perché riconosciuto estraneo alla lotta partigiana. Durante l’eccidio di Monte Sole, in cui furono sterminate dai soldati tedeschi 770 persone, si adoperò per alleviare le sofferenze dei suoi parrocchiani. Si prodigò in un’intensa attività di mediazione per evitare ulteriore spargimento di sangue tra i civili. Sia per il suo ruolo di mediatore sia per l’attenzione alla popolazione, fu avvertito come una presenza scomoda dall’autorità militare tedesca, che lo percepiva come un ostacolo al malvagio operato che senza pietà stava portando avanti.
Il 13 ottobre 1944 un ufficiale delle SS invitò don Fornasini a seguirlo in montagna per dare sepoltura ad alcune persone. Il sacerdote lo accompagnò fino a San Martino di Caprara, da cui non fece più ritorno.
Il suo corpo venne recuperato nell’aprile 1945 dal fratello. Nel 1950 fu conferita a don Giovanni la Medaglia d’oro al valore civile alla memoria.
La commovente storia di questo giovane parroco mette di nuovo al centro dell’attenzione di tutti il ruolo svolto dalla gran parte dei parroci durante il periodo che va dall’8 settembre 1943 alla Liberazione del nostro paese. Ciò mi spinge a scrivere nuovamente di don Angelo (Gino) Savelli, parroco a Casale di Modigliana nel periodo del Secondo conflitto mondiale, dove aiutò, in una situazione resa drammatica dal passaggio del fronte, i civili, gli antifascisti e i partigiani. Non solo, costituì una Squadra di Azione Patriottica (SAP) di cui fu responsabile.
Ho già pubblicato su queste pagine quanto si sa finora della sua storia ed ho chiesto collaborazione ai lettori per avere ulteriori informazioni, invito che resta valido.
Nei giorni scorsi, grazie al lavoro, finora inedito, compiuto nel corso di oltre 20 anni da Antonio Massarone, ex maresciallo dei Carabinieri e già comandante della Stazione della benemerita di Portico di Romagna e di Rocca San Casciano, che lo ha portato a ricercare i decorati militari del territorio forlivese, sono riuscito a reperire le motivazioni del conferimento della Medaglia d’argento al valor militare a don Savelli.
Riporto pertanto il testo di quanto mi è stato fornito su Don Angelo, fu Luigi e di Marta Ghirlandi, nato a Ladino (Forlì) nel 1914, partigiano combattente, decorato per i seguenti motivi: “Renitente alle chiamate alle armi da parte dei nazi-fascisti, sabotava i bandi stessi convincendo i giovani a non rispondere all’appello che non era quello della vera Patria. La sua canonica, asilo e rifugio per i perseguitati politici, accolse anche aviatori alleati precipitati con l’apparecchio nel territorio della sua parrocchia. Presidente del locale C.L.N. organizzava una formazione S.A.P. di cui assumeva il comando guidandola in ardite azioni che fruttarono il recupero di armi e arrecarono sensibili danni al nemico. Soffriva carcere e torture che temprarono il suo animo a proseguire la lotta che, ottenuta la libertà, continuava a fianco delle avanguardie alleate alle quali si era unito attraversando arditamente le linee nemiche. La sua chiesa fu distrutta dalla rabbia nazi-fascista e dalle rovine fumanti sprigionò la scintilla che infiammò gli animi dei suoi fedeli a conseguire la vittoria che aveva saputo preparare. Modigliana, 8 settembre 1943 – aprile 1945″.
Gabriele Zelli
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