Numeri da far tremare i polsi, diventa indispensabile il pragmatismo
CESENA. Sulle aperture ci sarà un’accelerazione. Il presidente del Consiglio sta cercando una mediazione fra le due anime del governo, ma la strada sembra tracciata. Forse è una fuga in avanti, ma Draghi ha capito che la situazione era difficilmente gestibile. L’accelerazione rischia di provocare un aumento di contagi. La speranza è che un’impennata di vaccini possa fare da contraltare unitamente all’arrivo di una stagione più calda che potrebbe, di per se stessa, contenere la pandemia. Servirà poi il senso civico da parte degli italiani. E su quello non è facile farci affidamento, anche alla luce di quello che è successo nel recente passato. Significativo, inoltre, quello che è successo in Sardegna che in pochissimo tempo è passata da zona bianca a zona rossa.
In pratica, come dall’inizio della pandemia, ci sono due aspetti che collidono: quello sanitario e quello economico. Il primo spinge per ridurre le aperture, il secondo per accelerarle. Ne hanno bisogno sia gli imprenditori che i conti pubblici. Questi ultimi sono pessimi. Tra decreti ristori e leggi di Bilancio l’esposizione dello Stato è cresciuta di 496,8 miliardi, risorse finanziate con un aumento dell’indebitamento senza precedenti che porterà il rapporto deficit/pil attorno al 160 per cento. Numeri da far tremare i polsi e che possono essere affrontati solo elevando il più possibile l’asticella della crescita. Insomma, andando oltre lo zero virgola che ha caratterizzato il recente passato.
Lo scorso anno abbiamo registrato un meno 8,9. Ma quello è un periodo ormai finito nel dimenticatoio. Quest’anno, se la campagna vaccinale riuscirà finalmente a decollare, si può mettere in conto un rimbalzo (se ripartirà il turismo) dal secondo semestre così da chiudere l’anno con un incremento del Pil nei dintorni del 4,1% nel profilo tendenziale. Ma – come rilevano l’Ocse e il Fmi, la Commissione europea e Confindustria – per tornare ai livelli di crescita pre-Covid occorrerà attendere la fine del prossimo anno. Ma non potrà bastare. Servirà strutturare una crescita che, a regime, sia almeno del due per cento. Meglio se del tre. Nello stesso tempo bisognerà tranquillizzare i mercati per evitare che i tassi tornino a volare. Sarebbe un guaio. Per riuscirci però non servirà pragmatismo, non le improvvisazioni e soprattutto le esasperate rincorse all’insoddisfatto di turno o ai sondaggi.
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