Evitare di passare da un monopolista all'altro
CESENA. L’invasione russa oltre a provocare danni inenarrabili ha messo a nudo le pessime scelte dalla politica italiana ed europea negli ultimi dieci anni. Il peccato tutto europeo è che abbiamo costruito una politica energetica legata ai tubi del gas russo. Solo la Francia si chiama fuori con le sue 58 centrali nucleari. L’ Italia invece ha rinunciato al nucleare, ma, nello stesso tempo, non ha fatto i degassificatori per ricevere gas dal mare, ha rinunciato al gas nazionale e si è attaccata ai tubi del gas russo.
Sta di fatto che dieci anni fa la dipendenza dal gas russo era al 20 per cento, adesso è salita al 40 per cento. Ma nessuno si preoccupava, anzi si guardava con interesse alla possibilità di fare affari senza considerare che la prosperità degli affari di breve-medio termine veniva pagata con una sorta di perdita di sovranità e potere, perché è quello che succede quando si provoca una forma di dipendenza da una fonte importante come quella energetica. E a poco sono valsi i segnali arrivati nel corso degli anni come, ad esempio, nel 2014, le tensioni per l’annessione della Crimea alla Russia.
Imperterriti abbiamo proseguito sulla nostra strada ed adesso siamo nei guai. Perché il prezzo del gas vola. Nello stesso tempo però dobbiamo essere inflessibili e far partire le sanzioni. Sapendo però che penalizzano chi le subisce, ma anche chi le infligge. Più in Europa che negli Usa e più in Italia che in Europa. Col rischio che ci sia una forte ripercussione nella crescita economica. La crescita, già ridotta dal caro-bollette dal 4,5 al 2,5 per cento, rischia di tornare allo zero virgola. L’ Italia deve sostenere famiglie e imprese con almeno 40-50 miliardi, agendo a tutto campo lungo la filiera energetica come sugli oneri di sistema per le fonti alternative e con una forte riduzione del peso fiscale. Ed è anche possibile dover ricorrere ad un adeguato scostamento di bilancio. E comunque bisognerà accelerare quelle riforme strutturali che prima dovevano essere fatte entro la fine dell’anno mentre ora dovranno essere varate al massimo in due mesi. Inoltre servirà predisporre quel piano energetico nazionale che manca da vent’anni.
Questo però non significa solo cambiare fornitore. L’impressione è che si esca dalla dipendenza russa buttandosi fra le braccia di Algeria e Qatar. Per l’immediato va bene, ma nel medio periodo no. Serve fare qualcosa perché anche quelli sono Paesi instabili. Quindi corriamo gli stessi rischi. Per questo serve un progetto concreto. Le possibili strade da percorrere sono diverse. Tutte hanno pro e contro. Serve un confronto laico e aperto, ma soprattutto concreto. Serve una visione di lungo termine senza pensare, una volta tanto, all’aspetto elettorale.
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