Nato negli anni Cinquanta
CESENA. E’ il dolce dell’otto marzo. E non potrebbe essere altrimenti perché quella gastro libidine che risponde al nome di mimosa è omonimo del fiore simbolo della festa delle donne. La mimosa fu scelta perché considerata un fiore povero, facile da trovare nelle campagne.
La storia del dolce l’ha raccontata Lucia Facchini sull’edizione online del Gambero Rosso. La mimosa, inteso come dolce, è nato negli anni ’50 grazie all’inventiva di Adelmo Renzi, cuoco di un ristorante di Rieti. Nel 1962 partecipò a un concorso per professionisti del settore a Sanremo e vinse. In breve tempo il dolce divenne famoso in tutta Italia e ben presto fu legato alla festa delle donne.
Tutto sommato è una preparazione semplice. La base è il pan di Spagna (farina, zucchero e uova) che ha un duplice utilizzo. I dischi innanzitutto sono inzuppati con una bagna a base di marsala, grand marnier o maraschino. Ma c’è chi opta per un succo all’ananas. Poi sono farciti con crema pasticcera o, ancor meglio, la superba chantilly. Non guasta, ma è facoltativa, poi una grattugiata di cioccolato fondente. Ma una parte dello stesso pan di Spagna è ridotto in pezzetti che ricoprono la superficie e danno il nome al dolce. Ne nasce un prodotto gradevole e per nulla invasivo. Può essere mangiato in qualsiasi momento della giornata: fine pranzo, merenda o colazione.
Nei primi due casi può essere abbinato al cocktail mimosa, drink fresco al profumo di agrumi. Lucia Facchini, sempre sul Gambero Rosso, spiega che ne esistono due tipi: il primo è nato nel club londinese Buck’s Fizz all’inizio degli anni ’20, mentre il secondo è stato messo a punto da un barman all’hotel Ritz di Parigi nel 1925. I due cocktail hanno gli stessi ingredienti miscelati in proporzioni diverse. Il Buck’s Fizz è realizzato con spumante e succo d’arancia in rapporto 2-1, sciroppo di granatina e scorza d’arancia come guarnizione. Nel mimosa francese la componente alcolica eguaglia il succo di frutta fresca.
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