Il segretario regionbale della Uil: "Politica lontano dalla vita reale"
CESENA. Quella di quest’anno è stata una vigilia di San Giuseppe anomala. Non ci sono state le focarine. Ma non a causa del Covid, bensì per una disposizione della Regione. Le ha vietate perché inquinano. E i Comuni, ma non tutti (giustamente) si sono adeguati. Una scelta cervellotica che non ha né capo né coda. Una valutazione che va oltre qualsiasi forma di buon senso figlia di una burocrazia imperante.
Ed è del tutto giustificato il malessere che si respira. In tanti sono su tutte le furie. Tra questi c’è Giuliano Zignani, segretario regionale della UIL che, come suo solito, non le manda a dire. E comincia con una frase che sintetizza benissimo il suo pensiero: “Ma fatemi il piacere”.
Poi ha un mondo di ragioni quando aggiunge che chi ha preso questa decisione “è lontanissimo dal mondo reale e non ha la percezione vita quotidiana”.
Aggiunge che non sa se le focarine inquinano o meno, ma se anche fosse ritiene che il danno che è stato fatto bloccandole è infinitamente più alto rispetto a quello che avrebbero provocato quei fuochi che la sera del 18 marzo hanno sempre illuminato e rallegrato la nostra campagna.
Zignani ricorda che la focarina fa parte della tradizione tipica della Romagna contadina, pagana e cristiana. Secondo la tradizione religiosa, l’avvento della primavera è segnato dalla festa di San Giuseppe, protettore dei poveri. Ma in Romagna, oltre alle celebrazioni religiose sono sopravvissute alcune usanze pagane, come i falò di primavera.
Prima ancora dei Romani, la Romagna era territorio dei Celti. In questo periodo si svolgevano i riti celtici che propiziavano la fertilità. In marzo venivano svolti anche i riti di purificazione agraria. Proprio il falò appartiene a questa antica cultura.
Il fuoco è un tipico elemento purificatore in molte tradizioni. Poi è diventato un’occasione per ritrovarsi davanti al falò acceso con un bicchiere di vino, una piadina e un po’ di musica per inaugurare nel modo migliore la stagione che sta per cominciare.
“E noi li aboliamo – aggiunge Zignani -. Con una scelta burocratica diamo un colpo di spugna ad uno dei momenti più significativi della nostra tradizione. Eliminiamo un grande momento di socialità proprio quando la gente ha voglia di uscire, di divertirsi. Forse chi ha deciso non ricorda che veniamo da due anni di Covid e nel momento in cui si cominciava a vedere la luce in fondo al tunnel è arrivata la guerra”. E chiude con la frase con la quale aveva cominciato: “Ma fatemi il piacere”.
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